Un altro Consiglio dei ministri-fiume ha varato ieri il decreto di semplificazione fiscale. Ma la "notizia-bomba" è che la discussione portata avanti per oltre 6 ore ha fatto saltare dal testo il punto più atteso dell’intero provvedimento: il Fondo che era stato ipotizzato (all’art. 15 della bozza circolata alla vigilia) per dar vita dal 2014 a una, seppur parziale, riduzione delle tasse. Si è persa così per strada la prima pietra del cammino verso il taglio della pressione fiscale, un iter che peraltro si preannunciava già lungo e laborioso. Un’altra decisione a sorpresa riguarda lo stop al pagamento in contanti di stipendi e pensioni fino a mille euro: la norma doveva scattare dal 7 marzo prossimo, slitterà invece al 1° maggio (è stato calcolato che oltre 100mila persone, per lo più anziane, non abbiano ancora provveduto a dotarsi di un conto, o comunque di un mezzo di pagamento elettronico, bancario o postale).Per il Fisco si era detto che qualcosa sarebbe potuto tornare indietro nelle tasche dei contribuenti non prima del 2014. Forse l’anno prima, stando al criptico auspicio formulato martedì scorso a Bruxelles da Monti. Alla fine, però, il premier ha fatto valere però una visione più cauta: «Dobbiamo essere prudenti, non possiamo illudere il Paese in un momento così delicato».Il Fondo doveva essere alimentato (con i proventi della lotta all’evasione, nonché - secondo quanto annunciato nel primo pomeriggio di ieri da Palazzo Chigi - con le somme recuperate dalla nuova formulazione dell’Imu sul non profit) per finanziare misure "anche non strutturali", vale a dire temporanee, da rinnovare di anno in anno. In base a quanto certificato dall’"apposita relazione" che il ministro dell’Economia avrebbe dovuto presentare entro il febbraio di ogni anno.Con il Fondo ora saltato il governo intendeva rinnovare la promessa, già contenuta nella manovra-bis di Ferragosto, di rendere concreti per gli italiani i benefici della lotta a chi le tasse non le paga. Uno scambio la cui visibilita era però fortemente condizionata all’ottenimento del pareggio di bilancio (cioè il "deficit zero") entro fine 2013, che resta la priorità del governo. Un obiettivo che è reso ancor più ostico dal fatto che il presidente del Consiglio non vuole altre manovre sui conti. A rendere più difficile l’obiettivo c’è l’incognita della (de)crescita: un Pil in caduta libera a -1,3 o -1,5%, rispetto alle ultime stime dell’esecutivo che davano un mini-calo dello 0,4%, comporta minori entrate per quest’anno. Quindi, si alzerà il deficit annuale, che dovrebbe essere però compensato dalla minore spesa per interessi prodotta dalla flessione dello
spread sui titoli di Stato rispetto a dicembre quando il governo Monti, appena insediato, ha fatto la Nota di aggiornamento con le sue stime aggiornate. La prudenza ha consigliato, alla fine, un rinvio generale. Ora si attende la successiva delega fiscale (per sostituire quella a suo tempo fatta da Tremonti): dovrebbe arrivare nel giro di qualche settimana. Attesi anche, entro aprile, i risultati della
spending review sulla spesa pubblica che dovrebbero evitare l’aumento dal 21 al 23% dell’Iva, previsto altrimenti da ottobre.Intanto nel "pacchetto" fiscale potrebbe essere stato inserito (ma non ci sono conferme al momento di andare in stampa) anche un capitolo dedicato alle automobili. La tassazione su immatricolazioni e passaggi di proprietà di auto, mezzi pesanti e rimorchi potrebbe allentarsi: si punta a consentire alle Province di tornare alla tariffa Ipt fissa sugli atti soggetti a Iva (cioè agli acquisti fatti presso concessionari, saloni e importatori paralleli). In pratica, le Province potrebbero non applicare più gli inasprimenti introdotti a maggio e in vigore da metà settembre.