martedì 4 agosto 2009
In macchina sull’intera Salerno-Reggio Calabria, per verificare lo stato di avanzamento delle opere in corso che mirano a rendere questa autostrada fra le più moderne d’Italia. Ma i problemi restano ancora molti; a cominciare dal costante tentativo delle cosche di infiltrarsi tra le imprese appaltatrici.
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Eccolo, lo spauracchio estivo per ogni automobilista italiano che debba avervi a che fare. È qui davanti, appena usciti dalla città sullo Stretto, il nome sul cartello verde: A3 Salerno-Reggio Calabria. Cioè 443 chilometri e spiccioli che, se in macchina non hai l’aria condizionata, di questi tempi ti aspettano ore di sauna. Cioè una striscia, poco meno lunga della Roma-Milano, di gallerie e viadotti e (pochi) tratti pianeggianti, di strepitosi passaggi tecnologicamente avveniristici, ma anche altezze mozzafiato su strada striminzita, di volate a 120 all’ora su tre corsie, ma anche d’improvvise strozzature che quasi ti fanno aggrappare ai freni oppure – se c’è coda – rendono pochi chilometri una bella strapazzata al tuo sistema nervoso.E questo è niente, perché in realtà durante l’anno non c’è mai troppo traffico (da settembre a maggio la media giornaliera dei transiti è sui 25/30mila veicoli) e può al massimo capitare che scali e rallenti, ti godi un po’ più il panorama (che merita e d’inverno è anche innevato) e vai benino lo stesso.La vera maledizione cala sulla "Salerno-Reggio" durante pochi week end dell’anno (quelli di luglio e soprattutto agosto), materializzandosi nei 4 o 5 o 20 chilometri di fila e nei quaranta gradi che arroventano la carrozzeria, come quando negli anni scorsi sul tratto fra Salerno e Sala Consilina si arrivò a 60mila veicoli al giorno nelle date agostane coi "bollini neri".Dunque chi sta imboccando la A3 in queste ore non sta divertendosi granché, per quanto la situazione non è stata tragica ed un paio di accorgimenti presi dall’Anas d’intesa con la Polstrada hanno funzionato bene: un buon viatico considerando che fra quattro o cinque estati la maledizione dell’A3 sarà stata... sconfitta.Partiamo alle 9 da Reggio Calabria ed è l’ultimo giovedì di luglio. Quest’"autostrada" è famosa e famigerata, anche perché da decenni i media si spingono a dipingerla come un avamposto infernale: roba da poco meno che lasciate ogni speranza o voi ch’entrate e che quasi t’aspetti di incrociare Caronte dopo una curva. In macchina siedono l’inviato di Avvenire, il direttore centrale Nuove costruzioni dell’Anas, Gavino Coratza, il responsabile dell’Unità legalità e trasparenza dell’Anas, Giancarlo Perrotta, e il dirigente Anas per la A3, l’ingegnere Federico Morrone. Il cronista ha un bel pregiudizio e non lo nasconde, perché è scontato che l’oste voglia convincere della bontà del suo vino. Sorpresa: stavolta non ne ha troppa intenzione e nemmeno quella di negare le tante «criticità» di questa strada, che è vecchia, fu costruita «per ben altri flussi veicolari», la fecero maluccio negli anni sessanta (per risparmiare) ed oltre tutto la sua manutenzione venne praticamente ignorata per decenni. Col risultato che ora ha diversi «punti neri», come li chiamano in gergo.I primi chilometri (il tratto reggino, per intendersi) meglio non percorrerli se si è già depressi per conto proprio: una corsia stretta ad andare e una uguale a venire. Però anche svariati cantieri, mezzi e migliaia di uomini impegnati a costruire gallerie e viadotti nuovi di zecca o allargare le sedi stradali.Mezzora di viaggio e direttore, dirigente e ingegnere non riescono a soffocare l’orgoglio quando passiamo sul viadotto "Sfalasà" («Fu a lungo la più grande campata d’acciaio in Europa. Un’opera d’arte»), come più tardi sul viadotto "Lontrano" (che è nuovo: «685 metri tutti quanti in curva, un’opera unica in Europa!») e infine allo svincolo di Mileto (aperto 9 giorni fa). Potessero, si coccolerebbero tutta l’A3, amandola particolarmente come si fa con un figlio malato.La prima sosta è al cantiere della galleria "Verdaru" che è in corso di scavo: sarà lunga 1000 metri e adesso sono arrivati a 700. C’infiliamo dentro, ma solo con un fuoristrada, perché la macchina normale non ce la farebbe: sulla terra ci sono avvallamenti e tre dita buone di fango e acqua. Gli operai indossano stivaloni e mascherine. Rombo di enormi macchinari, come i camion posacentine, che bucano altri 12 metri di parete al giorno.«Direttore, però dev’essere proprio sincero: quando finirà la... "tormentata" storia della Salerno-Reggio?». Coratza è preciso: «Alla fine del 2013». Meglio insistere: «Proprio sicurissimo?». «Sì», ribadisce. Allora la domanda seguente va da sé: «I soldi ci sono?». La risposta riesce, abbastanza, a rassicurare: «Quasi tutti. Negli ultimi cinque, sei anni molti ne sono stati stanziati». E molti ne servono: 1000 metri di guard rail (in acciaio zincato e che abbia superato i crash test) costano 600mila euro se è quadruplo e la metà se è doppio, cioè posto solamente al centro della carreggiata...Andiamo più che bene, nessun traffico particolare. E nell’immaginario (mediatico e di conseguenza collettivo) la Salerno-Reggio avrà pure ormai la fama d’avamposto infernale delle autostrade nostrane, ma di pessime esperienze se ne fanno a bizzeffe sulla Torino-Savona, per esempio, o sulla Milano-Varese o dalle parti del Brennero o lungo la stessa Firenze-Bologna. Senza parlare dell’acqua distribuita ieri agli automobilisti bloccati nei 30 chilometri di coda.Regole e controlli per arginare la 'ndrangheta. Non ci sono stati solo i finanziamenti mancati (oltre a quelli via via... "evaporati") negli ultimi decenni e i lavori fatti a tozzi e bocconi a martoriare la storia della A3. Ma anche le minacce a mano armata (che non è un modo di dire) e le tante imprese che non hanno più alcuna voglia di finire nei cantieri della Salerno-Reggio sul tratto calabrese: il "5° macrolotto", com’è chiamato tecnicamente: «Non c’è un forte interesse del mercato a venire a lavorare qui...», sospira Gavino Coratza, direttore centrale Nuove costruzioni dell’Anas.La ’ndrangheta non ci sta. Un numero la racconta fin troppo lunga lunga: dal 2005 ad oggi gli attentati e le intimidazioni in quei cantieri sono state 103. «I 44 furti, per lo più di gasolio o di metalli come il rame, fanno in realtà parte di una brutta "normalità" per cantieri così grandi, ma con cui non c’entra più di tanto la criminalità organizzata – spiega Giancarlo Perrotta, che è il responsabile dell’Unità legalità e trasparenza dell’Anas –. Piuttosto sono gli 8 episodi di minacce a mano armata, i 9 incendi, i 27 danneggiamenti e le 8 minacce che stanno a significare qualcosa». E negli ultimi dieci giorni del giugno scorso, lunedì 22 è stata incendiata un’autogru e domenica 28 un guardiano è stato tenuto un quarto d’ora sotto sequestro per poter rubare un escavatore con pinza demolitrice: parliamo sempre di cantieri solo del "5° macrolotto" (nei quali di questi tempi lavorano complessivamente 2.300 persone).Prefettura, Anas e imprese. Insomma, «con tutto l’amore che abbiamo per questa terra, dove lavoriamo – aggiunge Coratza – verrebbe voglia di dire che "siamo in Calabria" e che certe cose non le subìamo neanche in Sicilia». Così per esempio il "Protocollo d’intesa" fra le Prefetture di Catanzaro e di Cosenza (per i lavori dal km 286 al 304,200), l’Anas, il contraente generale e le imprese appaltatrici è ferreo al di là delle stesse leggi: nessuna ditta senza "certificato antimafia" può lavorare in alcun modo, appaltanti o subappaltanti e neppure quelle fornitrici di un qualsiasi tipo di materiale.Le «informazioni interdittive». Se poi accade che arrivi dalla Prefettura una «informazione interdittiva» su un’azienda già a lavoro (che in pratica le sospende il certificato antimafia), questa deve essere subito allontanata e il suo contratto va rescisso. Le «informative» nell’ultimo anno sono state poco meno di un centinaio nell’ultimo anno (riguardanti una settantina di imprese): una cinquantina nel "5° macrolotto" e le altre nei restanti tratti interessati da lavori sull’intera Salerno-Reggio. Col risultato di lavori bloccati e per i quali bisogna ricominciare daccapo con le procedure d’appalto.Gli "ordini di lavoro" alla Polizia. Ancora. Ulteriore dettaglio apparente eppure assai chiarificatore: il venerdì ogni ditta fa avere alle forze dell’ordine locali un "Ordine di lavoro" con nomi, cognomi, fotografie e luoghi della settimana seguente per chiunque debba entrare in un cantiere, insieme a modello e targa dei mezzi. Tutto questo però non basta, perché se sorvegliare le strade è relativamente facile, diventa impossibile farlo con tutti gli accessi dalle montagne e dai boschi.Controlli sui materiali. Naturale che (’ndrangheta & soci a parte) le Procure e la stessa Anas tengano gli occhi aperti su come lavorano le imprese. E naturale che nel mirino siano soprattutto i materiali usati (il cemento di molte costruzioni aquilane docet...), con diversi controlli a sorpresa sui calcestruzzi. Ma anche perché siano rispettai durante i lavori i protocolli ambientali dell’Ue, che vuol dire avere centraline per il monitoraggio delle polveri ed altre per quello dei rumori, campionare e analizzare ciclicamente le acque, comprese quelle sotterranee. Ed è lui stesso del resto, il direttore Coratza, a chiedere di scriverlo chiaro perché rimanga nero su bianco: «Siamo ferrei nel rispetto delle regole. Sempre».
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