«Non vedo perché dovrei dimettermi. Non ho preso un euro. Ho tutti gli elementi per difendermi e lo farò anche nell’aula del Senato». Rosy Mauro non molla lo scranno di vicepresidente di Palazzo Madama. Malgrado il pressing del partito. E dal salotto di
Porta a Porta si difende su tutta la linea. Fino alle lacrime. «È la prima volta che dico no ad una direttiva politica del mio partito e mi costa molto». Anche a rischio di espulsione? «Facciano quello che credono. Io prima mi voglio difendere». Così dice «no» perfino al "senatur", che la chiama al telefono. «È la prima volta. Io faccio a modo mio». Ma il Consiglio federale di domani potrebbe proprio decidere per la sua espulsione dal Carroccio se le dimissioni non arriveranno. La conferma arriva da Roberto Calderoli, che spiega che il "triumvirato" che guida il partito «le ha ufficialmente sollecitato le dimissioni». E lancia l’avvertimento. «In assenza di un seguito all’invito fattole, il movimento dovrà assumere decisioni nei suoi confronti». Anche perché l’aria è ormai pesantissima. Le agenzie non fanno in tempo a battere l’autodifesa e dall’Idv arriva le decisione di uscire dall’aula «ogni volta che presiederà l’assemblea». E il Pd solleverà la questione oggi alla ripresa dei lavori a palazzo Madama.Ma mentre nella Lega monta la rabbia, lei da Bruno Vespa tiene duro. «Da giovedì scorso ad oggi mi sono sentita messa in croce. Io non ho fatto niente di male, non ho niente da nascondere e allora perché dovrei fare un passo indietro?». Ma Umberto e Renzo Bossi lo hanno fatto... «Ognuno fa ciò che si sente». E poi via a contestare le accuse, una per una. Come i soldi al Sindacato padano: 60mila euro nel 2009 e 101mila nel 2010, spiega. «Tutto è tracciabile dai bonifici. Ci sono estratti conto del sindacato con la mia firma, e si può verificare ciò che si vuole. Io non ho mai preso un euro». Anzi, contrattacca, «il partito era assolutamente informato delle donazioni. Tutti lo sapevano, anche Bossi, perché non c’era niente di illegale». Piuttosto, «vale sempre la frase che qualcuno disse un giorno: scagli la prima pietra chi è senza peccato».E la «Nera» di cui parla in un’intercettazione («29 mila franchi alla Nera»)? «È l’infermiera svizzera che segue Bossi da quando è stato male e che si chiama, appunto, Nera». E la laurea comprata con soldi del partito? «Ero asina a scuola, non mi ha mai neppure sfiorato l’idea di iscrivermi a un’università. Posso escluderlo anche per il mio caposcorta, Paolo Moscagiuro», che «non è il mio compagno. Nefandezze – aggiunge – . Qui mi hanno colpito nella vita privata». Le accuse a Maroni? «Io non mi sono mai permessa di dire a un collega di parlare o no. Non è una mia competenza» e se qualcuno lo ha fatto «erano altri». I rapporti troppo stretti con Bossi? «Anche darmi della badante è stata una cattiveria, ma io non mi sono sentita mai offesa semmai onorata di aver dato il mio aiuto in un momento difficile». Anzi, insiste, «sono stufa di passare come quella che può tutto, comanda e conosce ogni cosa. Se così fosse, tante cose magari non sarebbero accadute».