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Appena eletto segretario della Lega in Lombardia Massimiliano Romeo punta dritto al bersaglio grosso e chiede a Matteo Salvini di abbandonare la dimensione sovranista per tornare ad abbracciare le istanze del Nord. Il senatore del Carroccio si fa interprete di un malcontento diffuso da tempo alle latitudini settentrionali del partito e si rivolge direttamente al vicepremier leghista. A lui, spiega, «stiamo dando una opportunità», quella di «rafforzarsi come leader del partito legittimato dal cuore della Lega, la Lombardia». Come contropartita, però, «qualcosa deve cambiare» perché «la svolta a destra non paga» e serve tornare al più presto «a parlare ai territori». Insomma, la Lombardia «deve essere valorizzata e per questo» c’è bisogno di «maggiore autonomia all'interno del partito».
Il ragionamento di Romeo è semplice e parte dal presupposto che «senza i voti del Nord non si va da nessuna parte». Il che significa che non si può dire «ai militanti delusi che di loro possiamo fare a meno», anche se volerli ascoltare, puntualizza, non significa essere «contro Salvini». La destra poi «è un campo occupato da Giorgia Meloni, al centro ci sono Forza Italia e i vari Calenda e Renzi. La gente vota l'originale, non le copie quindi bisogna tornare a «coltivare il nostro spazio politico storico – prosegue il senatore – perché siamo il movimento del territorio, dei territori. Siamo nati con questa missione e non siamo né di destra né di sinistra. Dobbiamo farci rispettare di più anche con i nostri alleati»
Da parte sua, Salvini non può che prendere atto della scelta della base lombarda, ma quanto ad abbandonare la dimensione nazionale non se ne parla proprio: «È la scelta giusta per il Paese ed è utile per la Lombardia - rivendica -. Altrimenti faremo la correntina di altri partiti nazionali o il dopo-lavoro di quelli che vengono a parlare di Nord a chi per il Nord rischia la galera». Chiaro che questa è solo la sua opinione, evidentemente distante da chi in Lombardia ha preferito lo sguardo territoriale di Romeo, ma i conti si faranno presto e il ministro dei Trasporti lo sa e si prepara alla battaglia: «Il 2025 sarà un anno di costruzione col congresso federale e sono già adesso in modalità riflessione a 360 gradi su tutto. Su questa scelta non torno indietro, poi i modi, i colori e simboli si possono adeguare, anche se Alberto da Giussano lì rimane finché campo così come il nome Lega. La cosa che più danneggia la Lega sono le polemiche e il rumore di fondo che arriva da dentro». Quanto a Romeo, è chiaro che lo scontro andrà avanti ancora a lungo, ma nel frattempo Salvini, in quanto leader esperto, un consiglio al neo segretario lombardo si sente di darlo: «Le vittorie hanno 6 mila padri, i momenti di difficoltà si vivono da soli», ma soprattutto è importante ricordare che «quando sei sotto attacco l'unica cosa che non puoi permetterti è litigare nel tuo accampamento».
Chi osserva con interesse quanto avviene nel Carroccio è Forza Italia, pronta ad approfittare della lite interna alla Lega e a rivendicare il suo ruolo nel Mezzogiorno: «È giusto che la Lega ripieghi sul Nord.
Al Sud ci siamo noi», commenta Fulvio Martusciello, capogruppo di Forza Italia al Parlamento Europeo. «Il dibattito aperto dall'elezione del nuovo segretario della Lega in Lombardia va letto insieme alle dichiarazioni del presidente di quella Regione - prosegue -. La politica della Lega deve essere nordista. In questo contesto si inseriscono anche le parole di Zaia sulle scuole del Sud o la battaglia per l'autonomia dei presidenti delle Regioni settentrionali». Una sintesi efficace del quadro con cui Salvini dovrà fare i conti al più presto se vuole mantenere la leadership e la dimensione nazionale di un partito sempre più in crisi di identità.