Il piano di riforme istituzionali del governo procede. A piccoli passi, ma procede. Sul nuovo Senato si va verso l’intesa con Forza Italia, mentre volano gli stracci dopo le timide aperture a M5S. Il post con cui Beppe Grillo sul suo blog giudica una «porcata» l’intesa che si profila diventa il ricettacolo di attacchi senza freni, molti a sfondo sessista, a Maria Elena Boschi.La mezza fumata bianca dopo un lungo incontro del ministro delle Riforme, alla Camera, con gli ambasciatori di Silvio Berlusconi, il capogruppo Paolo Romani, che parla alla fine di «passo in avanti» e il plenipotenziario Denis Verdini. Resta il nodo dell’immunità, al centro delle polemiche grilline, ma riprende quota una proposta che era stata avanzata da Anna Finocchiaro, del Pd (una due relatori, l’altro è il leghista Roberto Calderoli), quella di affidare ad un organismo terzo, come la Corte Costituzionale, il responso sulle richieste di arresto verso senatori e deputati.Si chiude invece un mini-caso che si era aperto sulla riforma della Pubblica amministrazione, a seguito dei ritardi e di una certa confusione con cui i testi dei due decreti erano arrivati alla cognizione del capo dello Stato per l’esame e la conseguente promulgazione. In mattinata il sottosegretario Graziano Delrio assicurava però che con il Colle era «tutto a posto». Nessun disguido, insomma. In serata la notizia: Giorgio Napolitano ha firmato i decreti per la riforma della Pubblica amministrazione e per la crescita.Ma, tornando alle riforme di rango costituzionale, quello dell’immunità non è l’unico nodo. Le riserve di Fi, spiega il capogruppo Romani, riguardano anche il metodo di elezione dei senatori da parte dei Consigli regionali. Ci sarebbe un sostanziale accordo sulla composizione che il testo degli emendamenti dei relatori depositati venerdì prevede di 95 senatori rappresentativi degli enti territoriali e di 5 senatori che «possono» essere nominati dal Presidente della Repubblica. Per la precisione 74 eletti dai Consigli regionali e dai Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano fra i loro membri, in proporzione alla loro composizione, e 21 senatori eletti fra i sindaci dei Comuni, uno per Regione. Fi chiede però che ci si basi sui voti ottenuti dai partiti e non sui seggi nei Consigli.L’altra questione controversa riguarda l’elezione del presidente della Repubblica, della Corte costituzionale e del Csm.Ma il clima sembra favorevole. Romani parla di «disponibilità» del governo per «affinare» le soluzioni. E «se arrivano le risposte - assicura - non c’è problema ad andare in Aula il 3 luglio».Segnali ancor più positivi dal Ncd, che - riuniti i gruppi parlamentari - dà il via libera: «sull’impianto ci siamo», dice Angelino Alfano. Il Ncd rivendica di aver ottenuto molti dei miglioramenti richiesti, fra questi l’inserimento dei costi e fabbisogni standard in Costituzione, il numero di sindaci molto inferiore rispetto al testo originario del governo, la rappresentanza delle Regioni proporzionale al numero degli abitanti, e il numero molto ridotto dei nominati del Quirinale.Sull’immunità però il quadro è ancora confuso, fra chi - come Vannino Chiti - sostiene che a questo punto va tolta anche alla Camera, e chi, in Fi (Deborah Bergamini, Mariastella Gelmini) e Ncd (Gaetano Quagliariello, Fabrizio Cicchitto) è favorevole al mantenimento. Un tema che potrebbe far riaprire la bagarre anche a Montecitorio.Grande solidarietà, invece, al ministro Boschi per gli attacchi sul blog di Grillo. Le manda un «grande abbraccio», la vicesegretaria del Pd Debora Serracchiani. mentre la senatrice Rita Ghedini lamenta l’«assordante silenzio» dei vertici di 5 Stelle, di fronte al diluvio di volgarità dei militanti.