Loro – quelli di Sel – urlano e tengono il punto, lui – Renzi – non rinuncia al suo spazio mediatico e dopo mesi torna a "parlare" attraverso la sua e-nwes, senza nessuna intenzione di alzare la cornetta per chiamare Nichi Vendola. L’accordo non c’è sulla riforma costituzionale.
Magari qualche concessione potrebbe arrivare dalla legge elettorale, ma il premier non molla: «Le riforme non sono il capriccio di un premier autoritario. Ma l’unica strada per far uscire l’Italia dalla stagnazione che prima di essere economica rischia di essere concettuale», scrive il capo del governo. E proprio perché il premier non è autoritario, apre alle modifiche dell’Italicum al Senato, con grande disappunto di Forza Italia, costretta a ingoiare ancora.
Sempre dal web, Renzi elabora: «Modello legge elettorale dei sindaci: un vincitore - eventualmente con ballottaggio - che ha i numeri per governare. Se non governa è colpa sua, non ha alibi. L’Italicum va in questa direzione. È stato già approvato alla Camera. Sarà modificato dal Senato e diventerà legge definitivamente». Già a settembre sarà nel calendario dei lavori, assicura la presidente della prima commissione Anna Finocchiaro.
Parole che vanno di pari passo con i voti di Palazzo Madama. Il leader del Pd infierisce su un orologio che ha rallentato il ritmo e scrive un suo tweet: «Mentreloro hanno finito il tempo, noi non abbiamo finito la pazienza. Grazie ai senatori che stanno sostenendo questa riforma #lavoltabuona». In particolare, il premier apprezza l’abnegazione di Sergio Zavoli, che resta in aula per non mancare un solo voto. Renzi lo chiama per ringraziarlo e ascolta la risposta formidabile di Zavoli: «Resto perché ogni tanto ho bisogno di indignarmi».
Alla fine insomma, secondo il presidente del Consiglio, «approveremo la riforma in prima lettura, nonostante le urla e gli insulti». Ma mentre lui non cede la scena, dietro le quinte combatte chi vorrebbe sedersi al tavolo degli accordi da protagonista. E allora tra gli azzurri cresce il malumore per le modifiche annunciate da Renzi sul modello elettorale, per allargare i consensi. Preferenze e soglie sono i temi caldi che Fi non vorrebbe toccare. Al contrario, tra gli M5S, il portabandiera delle trattative Luigi Di Maio è pronto a dire la sua: ok alla legge per i sindaci, ma «in cambio chiediamo l’introduzione delle preferenze e l’esclusione dal Parlamento dei condannati con sentenza definitiva, tranne che per i reati di opinione».
Il premier raccoglie le voci e le indiscrezioni e spiega ancora ai suoi elettori cosa pensa di chi gli rimprovera che "non si mangia con le riforme". «Le riforme strutturali sono la principale richiesta di tutti gli operatori economici mondiali. Fatte le riforme, l’Italia sarà molto più appetibile».
E qui entra in gioco il programma renziano, che va avanti anche nel Consiglio dei ministri di oggi, e ancora in quelli fissati per l’11 e il 18 agosto. A fine agosto il governo approverà le misure dello Sblocca-Italia, che oggi sarà illustrato nelle sue linee guida. E ai primi di settembre prenderà definitivamente corpo la riforma della giustizia. «Con l’obiettivo di dimezzare gli arretrati del civile, portare i tempi ai livelli europei (350 giorni contro 950 per il primo grado), garantire la certezza del diritto eliminando il ricorso alle prescrizioni perché il tempo non può sconfiggere la legge».
A settembre c’è poi l’avvio della "fase 2" del governo: la presentazione del programma dei Mille giorni con cui Renzi, «a dispetto dei rassegnati per professione, di chi tra noi si disprezza, dei pessimisti per vocazione» punta a traghettare l’Italia «là dove deve stare», cioè tra le grandi potenze mondiali. Che vuol dire, in primo luogo, avere un posto in prima fila in Europa. Posto che fino al Consiglio europeo del 30 agosto il premier deve guadagnarsi con tutte le sue forze.