domenica 31 luglio 2011
Nuovi materiali ed ecocompatibilità per le strutture del futuro. Sistemi di pannelli fotovoltaici per produrre energia elettrica e gabinetti con sistema di “digestione” dei reflui anti-inquinamento.
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La tecnologia sale in vetta per migliorare la vita degli alpinisti del terzo millennio. Dopo aver conquistato le aziende che producono attrezzatura da montagna, sempre più resistente e sempre più leggera, i nuovi materiali la fanno da padrone anche nella costruzione dei rifugi alpini. È vero che resiste il caro, vecchio legno - insieme alla pietra il principale materiale di costruzione dei primi rifugi di fine ’800 - ma sono sempre più numerose le strutture che fanno largo uso di leghe super-resistenti, di moduli coibentati e perfettamente isolati, derivati direttamente dall’industria aeronautica. Gli esempi più recenti di questa nuova impostazione, anche culturale, che farà storcere il naso a tanti “puristi” della “lotta coll’Alpe” ma è comunque apprezzata dalle ultime generazioni di alpinisti, sono il nuovo rifugio “Francesco Gonella”, collocato a 3.071 metri lungo la via normale italiana al Monte Bianco (4.810 metri), inaugurato domenica scorsa, la capanna “Giusto Gervasutti”, posta a 2.835 metri in val Ferret, sotto le spettacolari pareti delle Grandes Jorasses e il nuovo ricovero “Alpetto” (2.268 metri), ai piedi del Monviso. Primo, storico rifugio del Cai, costruito nel 1866, l’Alpetto, totalmente ristrutturato e trasformato nel Museo degli albori dell’alpinismo “Giacomo Priotto”, sarà inaugurato oggi alla presenza, tra gli altri, del presidente generale del Club alpino italiano, Umberto Martini.Ciò che accomuna queste tre strutture, esteriormente tanto diverse, è proprio la ricerca dell’ecosostenibilità delle costruzioni, realizzate per avere il minore impatto possibile sull’ambiente circostante. Così, dove un tempo il rumore di sottofondo era il costante ronzio dei generatori per la produzione di energia elettrica, con le relative esalazioni di benzina o gasolio, oggi la fanno da padrone i pannelli fotovoltaici, che garantiscono l’autosufficienza energetica ai rifugi. Con il programma “energia 2000”, già in una trentina (dal Piemonte al Veneto) hanno istallato impianti fotovoltaici e generatori a combustione vegetale.Per il confort degli alpinisti, i vecchi tavolati di legno e le coperte di lana grezza sono stati sostituiti da cuccette in materiali resistenti, inalterabili e antibatterici, come quelle della nuova capanna Gervasutti.A tutela dell’ambiente montano, al posto del gabinetto a cielo aperto, che spesso scaricava direttamente sul ghiacciaio sottostante, oggi (è sempre il caso del Gervasutti) sono installati wc con un sistema di “digestione” dei reflui che separa i liquidi, filtrati e dispersi, dai solidi, che vengono accumulati in uno speciale comparto stagno periodicamente sostituito e smaltito a valle.Insomma, le nuove parole d’ordine sono: confort, igiene, pulizia e sostenibilità ambientale. Come quella riconosciuta alla Capanna “Margherita”, il rifugio più alto d’Europa, costruita ai 4.554 metri della punta Gnifetti, sul Monte Rosa, che ha ottenuto la certificazione Ecolabel.«Naturalmente – spiega Samuele Manzotti, presidente della Commissione rifugi del Cai – l’assoluta ecocompatibilità non ci sarà mai perché il rifugio, per il solo fatto di essere frequentato, un certo “peso” sull’ambiente circostante l’avrà sempre. Stiamo lavorando perché l’abbia sempre meno e, devo dire, con buoni risultati. Anche con il sostegno del Cai centrale, che contribuisce con circa 600mila euro l’anno alla ristrutturazione e sostituzione dei rifugi e dei bivacchi».
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