giovedì 18 settembre 2014
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Il patto c’era e ha già retto diverse ondate d’urto. Ma non basta. Come dimostrano i segnali che arrivano dalle urne della Camera, che non indicano un nome né per la Consulta né per il Csm e lasciano il manico del coltello nelle mani delle fronde di Pd e Fi. Matteo Renzi, allora, rilancia e prova a saldare l’asse con Silvio Berlusconi, in un nuovo vertice a Palazzo Chigi. I due vanno avanti. Il prossimo passo è la legge elettorale e premier ed ex-premier decidono di incontrarsi una volta al mese, per tenere in pugno la situazione. Anche il ddl costituzionale deve essere monitorato, mentre gli altri temi sul tavolo, a partire dalla riforma della giustizia, per ora restano in secondo piano. La prossima mossa, dunque, è rimettere in moto l’Italicum, che il Senato dovrebbe votare in autunno. E però il segretario democratico chiede al suo avversario di rivedere i termini concordati a Largo del Nazareno. Anche per mantenere salda quella maggioranza nella quale l’ex Cavaliere non entra, ma che gli consente di mantenere in piedi l’esecutivo e di prendere tempo, evitando le temute elezioni anticipate. Berlusconi è disposto a ritoccare la soglia di accesso al Parlamento al 4 per cento (dal 4,5) per i partiti non coalizzati, ma sull’8 già previsto per quelli che si presentano in squadra non transige. Renzi è favorevole al 5 per cento per entrare in gioco, mentre fisserebbe la soglia di accesso al premio di maggioranza al 40 per cento.  L’intenzione di Palazzo Chigi è di riaprire anche l’annosa questione delle preferenze, su cui il Ncd di Alfano non cede. Il leader forzista si ferma al capolista bloccato. Anche Renzi ha da tenere buona una parte dei suoi, determinati a riportare nel meccanismo di voto la parola agli elettori. Il segretario  democratico parla di capolista con preferenza e chiede che si vada al ballottaggio.  Il confronto va avanti due ore, nelle quali cade nel vuoto l’appello del capo dello Stato per l’elezione dei membri di Corte costituzionale e Csm, e insieme Berlusconi e Renzi accusano il colpo del voltafaccia dei rispettivi ribelli interni ai due maggiori partiti.  L’idea di andare oltre il patto della discordia (quello del Nazareno, che tante polemiche ha scatenato tra alleati e avversari, appunto), diventa allora fondamentale. «Abbiamo convenuto sulla necessità di accelerare sulla riforma della legge elettorale e confermato percorso sulle riforme», spiega il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini, a conclusione del vertice. Niente Csm e niente giustizia, conferma. Ma l’incontro appare propedeutico anche alla stagione di riforme che toccheranno il lavoro e l’agenda economica.  Anche in questi casi la collaborazione di Forza Italia è decisiva. E l’avvio del lavoro sulle materie economiche sarebbe pure per i falchi forzisti una garanzia che l’esecutivo va avanti, e non punta al voto anticipato, solo perché intende varare la nuova legge elettorale entro l’anno. Ancora, Raffaele Fitto e i 'duri' di Forza Italia non condividono la collaborazione promessa dall’ex Cavaliere. Significa agevolare comunque il partito avversario, spiegano. Tanto più che un fallimento delle riforme potrebbe essere addebitato al Parlamento, lasciando a Renzi il campo libero per rimettersi in pista, senza accollarsi responsabilità, secondo Saverio Romano.  Ma Berlusconi non concorda. Anzi, è certo – e lo confida ai suoi rientrando a Palazzo Grazioli – che questi incontri e il dialogo tra lui e Renzi siano determinanti per mantenere accesi i riflettori su Piazza San Lorenzo in Lucina, in attesa di riavere la piena agibilità politica.

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