La parola d’ordine non è tagliare ma risparmiare, assicura il presidente del Consiglio. Dopo aver già fatto filtrare giovedì la linea del governo, Matteo Renzi è intervenuto direttamente ieri con una serie di tweet e rispondere ai governatori insorti contro l’ipotesi di tagli o di riscrittura del patto per la salute. «Revisione della spesa non significa tagliare la sanità –ha chiarito –. Ma le Regioni prima di fare proclami inizino a spendere bene i soldi che hanno», ha puntualizzato il premier. «Al momento» , ha precisato quindi il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, non è previsto un taglio al fondo sanitario. «Quello che mi è stato chiesto – ha sottolineato l’esponente del governo - è il taglio del 3% sulle spese interne del ministero e lo stiamo predisponendo». Si tratterebbe insomma di 30-40 milioni di euro e non dei 3 miliardi e rotti pari al 3% delle risorse stanziate dal patto per il 2015. Il ministro ha parlato anche di 900 milioni di risparmi possibili nel 2015 a livello regionale.«Se la discussione avviene nell’ambito del patto per la salute, per vedere di renderlo ancora più efficace, siamo pronti a discuterne da domani», ha fatto eco con toni ammorbiditi il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino. Mentre il governatore veneto Zaia ha evocato la rivolta fiscale se il governo dovesse confermare i tagli.Resta da chiarire dove il governo troverà le risorse per la manovra 2015 senza toccare la Sanità, che assorbe nel complesso oltre il 15% della spesa pubblica primaria. Il premier ha già escluso infatti un intervento sulle pensioni. Per stabilizzare il bonus Irpef, coprire le spese indifferibili, proseguire negli obiettivi di risanamento dei conti ed intervenire in qualche modo anche a favore delle imprese tagliando il costo del lavoro (con Irap o altre forme di decontribuzione), Renzi ha bisogno di circa 20 miliardi. Il taglio del cuneo fiscale tra l’altro è stato rilanciato ieri dall’eurogruppo come priorità per spingere la ripresa e su questo punto il governo non vorrà certo tirarsi indietro mentre la produzione industriale perde ancora colpi. La caccia alle risorse quindi continua. Fino a ottobre Renzi potrà contare sull’aiuto di Carlo Cottarelli che poi però, come ha ammesso ieri per la prima volta, lascerà l’incarico. Il commissario non pensa che si arriverà ad un taglio effettivo del 3% del budget di tutti i ministeri, ma si dice comunque fiducioso sul successo futuro dell’operazione di spending portata avanti in questi anni. Entro lunedì al massimo tutti i ministri dovranno consegnare a Palazzo Chigi e al Tesoro la lista dei possibili risparmi. Ovviamente le risorse non potranno arrivare tutte da lì. La discesa dei tassi di interesse potrebbe rendere disponibili fino a 2,8 miliardi aggiuntivi. Altrettanto sarà affidato al rafforzamento della lotta all’evasione. Il capitolo del taglio delle partecipate a regime potrà dare risparmi consistenti, ma nel 2015 le minori spese non dovrebbero superare il mezzo miliardo. La strada per arrivare a 20 miliardi è lunga ma Renzi e il titolare dell’Economia, Pier Carlo Padoan, si dicono fiduciosi sul rispetto degli impegni e dei parametri Ue sul 3% del deficit. Sicuramente, ha riconosciuto il ministro, il 2,6% previsto nel Def presupponeva un quadro economico positivo che non si è concretizzato, dunque l’Italia potrebbe superare quell’indicazione ma senza sforare il tetto europeo. Una risposta a quella parte della maggioranza che vorrebbe che Roma seguisse l’esempio della Francia, che ha appena annunciato che non riuscirà a scendere nel 2015 sotto la fatidica soglia di deficit.