Ancora una volta la testa di Matteo Renzi torna a fermarsi sulla mozione sulla Banca d’Italia. «È tutto così sorprendente, così incredibile, così assurdo. Con una parola sola direi così surreale». Si ferma su ogni aggettivo il segretario. Come se volesse far risaltare la distanza tra il Palazzo e il Paese. «Giro l’Italia e non c’è stata una persona che mi abbia chiesto chiarimenti sulla mozione, ma dei problemi reali della gente. E invece si guarda sempre il dito e mai la luna». Sottovoce ripete due parole: Palazzo e Paese. «Il vero problema sono le crisi bancarie, sono le decine di miliardi messi dallo Stato per salvarle. La storia delle banche scuote l’Italia, non interroga solo la provincia di Arezzo... Io e il Pd non possiamo difendere l’attuale assetto di potere, non possiamo stare dalla parte dei presunti salotti buoni della finanza. Noi stiamo con i risparmiatori».
C’è un sole timido a Matera. Renzi sorride e cerca le mani della gente. «È una fase bella della mia vita politica, una fase di grande libertà rispetto alle rigidità del Palazzo. Torno tra la gente e sono felice». Lo trasciniamo di nuovo proprio su quelle "rigidità". Con domande su Ignazio Visco. Sul rapporto suo con Paolo Gentiloni. Sulle prossime mosse del Pd nella vicenda. Gli chiediamo quanto sia forte lo strappo tra lui e il partito che guida. «Ho letto bugie, ricostruzioni parziali. Ho visto tutti concentrati sulla mozione quasi fosse una spy-story. Voglio essere chiaro: la difesa a oltranza di Visco non sta nei miei desideri segreti. Ma qualsiasi nome il premier farà, non ci saranno problemi. Anche se dovesse confermare Visco, nessun problema». Sfidiamo Renzi con una domanda diretta: davvero la riconferma di Visco...? Lui ci ferma.
«Prenderò atto della decisione del governo. Qualsiasi sarà, non intaccherà minimamente i rapporti con Gentiloni. Lui non ha bisogno di consigli. Paolo ha la mia stima, il mio rispetto e la mia amicizia. Sono giuste le sue parole sull’indipendenza e l’autonomia della Banca d’Italia».
Per venti minuti il tema è uno solo. Il segretario avverte l’esigenza di spiegare e di spiegarsi per non lasciare nessuna zona grigia. Poi l’intervista si allarga. Le mosse che gli italiani si attendono, la legge elettorale, le prossime elezioni, i difficili equilibri nel Pd. Renzi più volte prova a mettere la testa sulle sfide del futuro e più volte torna indietro su Bankitalia. Quando il treno si ferma, il segretario "lascia" la stretta attualità e guarda avanti. All’Europa che vuole cambiare. E alle misure con cui ridare forza all’Italia. Una è nella testa del segretario. Una più di tutte le altre: «Abbiamo fatto poco per le famiglie. Dobbiamo fare di più. Mille euro netti all’anno per tutti i ragazzi under 18. Un bonus di ottanta euro al mese, una misura universale per i figli. La chiamerei la via italiana al quoziente familiare».
Si sente di prendere un impegno forte?
Sarà la prima misura della prossima legislatura. Abbiamo già fatto simulazioni, abbiamo già chiari i conti. Restano da definire i dettagli. Sarà anche una sfida alla politica: il "mio" Pd non sta a discutere di galateo istituzionale, si concentra sui temi concreti. Ecco il punto: io voglio allargare il meccanismo degli 80 euro al mese, Salvini e Di Maio vorrebbero eliminarlo.
Il bonus per i figli è la proposta del senatore dem Lepri?
Io penso a una misura simile ma più semplice, facilmente comprensibile: bonus a tutti gli "under 18", ma con un limite di reddito. Insomma, non sarà per i figli di Marchionne e di Elkann, ma per la gran parte delle famiglie italiane sì.
<+NEROA>Ci saranno le coperture? Gli "under 18" in Italia sono 10 milioni e facendo due conti serviranno 10 miliardi.<+TONDOA>
La battaglia sulla flessibilità per i conti pubblici l’abbiamo già fatta nel 2014. La rifaremo. Stando ancora una volta a gomiti aperti. Senza timidezza. Senza concessioni. Siamo orgogliosi di aver preso un Paese che stava a -2% di crescita e di averlo portato vicino al +2%. È un risultato che ci va riconosciuto. Ma questo elemento non è sufficiente per il futuro. La nuova battaglia è arrivare al 2,9% di deficit, è "tornare a Maastricht", che vuole dire avere dai 30 ai 50 miliardi in più.
La vincerete?
Il 2,9% è nei fatti. Ma ci dobbiamo far sentire e, parallelamente, mettere in moto un’operazione per abbattere il debito pubblico. Il clima è quello giusto. Le cose che volevo le ho ottenute in sede internazionale e per questo mi viene riconosciuta credibilità sui mercati. Anche il presidente della Bce, Mario Draghi, ha detto "bene il Jobs act". Ora i nuovi traguardi. Il Fiscal compact dovrà diventare un Social compact. Significa un’Europa che si occupa più della vita delle persone che della finanza.
Il bonus per i figli è un passo. Ci sono altre misure allo studio?
Va studiato un meccanismo di detrazione fiscale per chi tiene in casa un anziano non autosufficiente. Uno sgravio forte, molto forte; oppure una sorta di "bonus badanti". Sono due priorità diverse, legate a due emergenze.
Parleranno di mancia elettorale...
Non è così. Mi attaccheranno anche su questo, ma io andrò dritto. Ho un disegno per l’Italia. E penso che sia giusto fissare nuovi diritti, ma anche mettere in chiaro i nuovi doveri. Penso al servizio civile obbligatorio almeno per un mese.
Tra i diritti c’è anche la cittadinanza ai minori residenti in Italia. La legge passerà con un voto di fiducia?
Se Gentiloni chiederà di mettere la fiducia, sono dalla sua parte. Se non la chiede, non ci sfileremo dal nostro premier.
La legge elettorale è oramai blindata?
C’è da passare lo scoglio del Senato, non è facile. Non è una legge emendabile. Lavoriamo e se va in porto, penso che il Pd e la coalizione di centrosinistra potranno fare un ottimo risultato. Possiamo vincere 130 dei 232 collegi uninominali. Possiamo puntare al governo del Paese.
Noi scommetteremmo di più su un voto senza vincitori e su un’Italia divisa in tre blocchi.
Un disastro. Voglio credere che esca un vincitore netto e che sia il Pd. Se non andrà così troveremo una soluzione. Come abbiamo fatto nel 2013.
Renzi ha stretto le ultime mani, ha fatto gli ultimi selfie, ha bevuto l’ennesimo caffé e il treno si rimette in marcia. «Questi incontri mi riportano alla dimensione vera della politica. Parlare con la gente mi aiuta, anche prendere a volte qualche insulto... Incontro gli studenti e mi danno consigli su come aggiustare l’alternanza scuola-lavoro, mi domandano del bonus cultura. Per me è come quando ero sindaco. La visita, giorni fa a Pineto, in Abruzzo, alla casa madre Ester per le ragazze-madri e i bambini in difficoltà, fondata da don Silvio De Annuntiis, con le suore che vi operano, è stata un’esperienza umanamente incredibile. Così la visita alla Lega del Filo d’Oro a Osimo, alla comunità Emmaus di Foggia». Ma gli facciamo un’ultima domanda su Bankitalia e sul vespaio sollevato dalla mozione dem.
«È una tempesta in un bicchier d’acqua. Quel che ho detto l’avevo già scritto nel libro "Avanti"», ripete il segretario che non rinuncia ad "ammonire" la presidente della Camera: «In Parlamento si è deciso di rendere ammissibile la mozione dei Cinque Stelle. Una scelta della presidente. A quel punto dovevamo dire con chiarezza qual era la nostra valutazione».
Il Pd poteva limitarsi a votar contro...
Per far dire che stiamo dalla parte delle banche? Ditemi un caso di dibattito parlamentare in cui tutti fanno una mozione e il partito di maggioranza no.
Il testo iniziale non era però eccessivamente duro contro Visco?
Io quella mozione l’ho fatta ammorbidire dopo una telefonata di Gentiloni. Ma la sostanza era, e resta, chiara: il Pd esprime il suo giudizio sul passato e lascia il governo libero di muoversi.
Il rapporto con il premier non si è incrinato?
In 10 mesi non c’è mai stata una frizione. Ho totalmente seguito tutte le scelte del presidente del Consiglio, tutte. Avete mai sentito, a esempio, mezza parola mia sulla legge di Bilancio?
Chi deve ascoltare, a suo avviso, la commissione parlamentare d’inchiesta?
Non sta a me fare la lista delle audizioni. E non credo che la commissione debba essere la Torquemada del passato. Sugli istituti di credito abbiamo avuto vari problemi, in questi anni. Alcune cose doveva farle la politica dopo l’errore di aver perso la finestra del 2012/13, quando altri Paesi sono intervenuti sulle banche e noi no. Noi abbiamo fatto la riforma delle popolari, che Draghi aveva scritto nel 1998 e che ho tirato fuori da un cassetto e realizzato, anche davanti a qualche polemica. Altri attori dovevano muoversi e non l’hanno fatto. Noi non vogliamo "inchiodare" nessuno, diciamo semplicemente: vogliamo discutere o no su cosa non ha funzionato in questi anni?
Questione governatore a parte, non abbiamo però ancora capito quali sono i correttivi che lei intende apportare al sistema, posto che oggi la Vigilanza è più europea che italiana.
La questione bancaria è complicata. Io rifarei quello che abbiamo fatto dal 2014 per salvare gli istituti, perché non puoi danneggiare chi ha un conto. Ma sulle regole bancarie in Europa, sulle scelte manageriali fatte nelle banche commissariate - tema di cui non sta parlando nessuno - e sulla tempistica degli interventi adottati, penso che una riflessione vada fatta.
Quanto è forte il malessere nel Pd? Quanti nel Pd non hanno capito il perché della mozione?
Questa cosa del partito che non ci capisce non esiste, magari è solo un problema di qualche dirigente. Il nostro popolo sta con noi, come gli amici dell’opposizione interna hanno avuto modo di verificare qualche mese fa alle primarie. Capisco il momento, so che c’è un voto e ci sono tante preoccupazioni legate alle candidature. E allora al Pd vogliamo mandare un messaggio di tranquillità: farò esercizio di buon senso, rispetterò il pluralismo, non ripagherò l’opposizione interna con la stessa moneta con cui sono stato pagato io, che con Bersani presi il 40% e ottenni 13 deputati su 150. Non farò così, rispetterò tutte le sensibilità presenti nel partito. Farò in modo che ogni risorsa venga valorizzata e che nei collegi ci sia chi è più bravo a prendere voti. La società civile può dare forza al listino proporzionale.
L’intervista è finita. Lasciamo Renzi che si prepara a volare verso Firenze. Lì c’è la sua gente. E la sua famiglia messa a dura prova da mesi complicati e da una storia con tanti lati ancora oscuri: Consip.
«Preferisco chiamarla vicenda Cpl/Concordia (la cooperativa emiliana su cui sono in corso un’inchiesta giudiziaria e un’indagine da parte del Csm, ndr). I motivi? Saranno noti nei prossimi mesi». Una parentesi. Il segretario ci saluta e mentre lascia il treno fa un’ultima riflessione: «C’è stata un’evidente distorsione dei fatti, ma non avete mai trovato da parte mia una parola men che rispettosa delle istituzioni. Mi è successa una cosa enorme e io mi sono chiuso la bocca. Perché non voglio che la mia reazione, umana e sacrosanta, danneggi le istituzioni. Sono un uomo di Stato anche se vogliono farmi passare come il discolo che va contro le istituzioni. Ho dovuto discutere a casa mia. Nella mia testa ho fisse le parole dei miei figli: "Perché dici a nonno di non difendersi in tv?"».