Una giornata lunga, quella del secondo round tra il Pd e il Movimento 5 stelle, Qualche battuta al vetriolo, un paio di attacchi diretti e lo scambio reciproco di accuse ma alla fine Matteo Renzi e Luigi Di Maio sembrano parlare la stessa
lingua: Pd e M5S possono trovare un'intesa sulla legge
elettorale. E magari allargarla anche al nodo delle riforme.
Almeno queste appaiono le intenzioni del premier che, a
sorpresa, riconosce "i passi avanti" dei pentastellati e non
esclude un nuovo patto sulla legge elettorale: "un giro
ufficiale" di consultazioni - come lo definisce lui stesso -
"con tutte le altre forze politiche che stanno consentendo di
fare una riforma costituzionale ed elettorale". In particolare,
si tratta di una apertura al confronto sulle preferenze che i
cinquestelle chiedono, aprendo a loro volta sul doppio turno.
L'incontro alla Camera tra le delegazioni dem e cinquestelle
(a parte le difficoltà di trasmissione in streaming) "è andato
bene", per ammissione degli stessi protagonisti. I grillini -
guidati da Di Maio, sempre più a suo agio nei panni di numero
tre del Movimento - arrivano al tavolo sulla legge elettorale
con una proposta scritta. Si tratta di cinque punti: voti di
preferenza; stop ai condannati in Parlamento; no alle
candidature plurime; nessuno sbarramento; e infine doppio turno
di lista. Sintetizzando, l'offerta pentastellata è un primo
turno proporzionale senza sbarramento e un eventuale secondo
turno con un premio di maggioranza al 52%.
Renzi segue la prima parte dell'incontro un pò in disparte
per dare spazio al resto della delegazione Dem (Speranza,
Serracchiani, Bressa e Moretti). Il Pd non boccia le proposte
della controparte pur ponendo paletti all'esuberanza 5S. È lo
stesso premier a sottolinearlo: "È oggettivo che si sono fatti
passi avanti - dice - ma dovete anche capire che talvolta si è
un pò scettici sulla vostra reale volontà". "Il punto vero -
sottolinea - è capire se sulle preferenze riusciamo a trovare un
punto di caduta o meno".
Il presidente del Consiglio, in particolare, guarda con
interesse alla "idea di Toninelli di dare il premio" di
maggioranza "alla lista". "Ma capisco - aggiunge - che alcuni
partiti possano avere dei dubbi: Fi può essere intenzionata a
dire di sì, più difficile che lo siano Italia Popolare o Sel".
Ed è proprio questa la novità: riaprire il dibattito sulla legge
elettorale. "Da qui al primo agosto o comunque al momento in cui
la riforma costituzionale sarà approvata al Senato - rimarca -
facciamo un giro ufficiale" di consultazioni anche "con tutte le
altre forze politiche". È una apertura di credito al M5S.
D'altronde, "tra la nostra proposta e la vostra non c'è il Rio
della Amazzoni - prosegue - c'è un ruscello che non è detto che
riusciremo a colmare. Capiremo se nei testi, potremo trovare un
punto di equilibrio".
Il M5S, al di là dei soliti toni ruvidi, non chiude. "Con i
nostri e vostri voti - risponde Di Maio - possono diventare
legge le preferenze e l'intervento sull'immunità parlamentare".
Quanto alle riforme, "dopo la legge elettorale, se volete ne
parliamo". Poi precisa. "Non siamo assolutamente d'accordo
sul Senato non elettivo" ma "ciò non vuol dire che non possiamo
votare insieme l'abolizione dell'immunità parlamentare".
"Vediamo - scrive su facebook dopo l'incontro - se tengono fede
agli impegni di fine tavolo".
L'apertura del Pd al M5S appare un avviso agli alleati in
vista delle votazioni sulle riforme costituzionali: è la logica
del "doppio forno".
Allo stesso tempo, però, Renzi mette in
difficoltà il Movimento Cinque Stelle. I grillini, infatti, sono
spaccati al loro interno: molti non gradiscono il protagonismo
di Di Maio e l'ipotesi di "accordi con i partiti del sistema".
Renzi lo sa: "È andata molto bene - dice a fine incontro - Il
problema è se Di Maio li porta tutti. Vediamo che succede al
loro interno". Ancora più esplicito Roberto Giachetti: "Viste le
reazioni - esclama - le due linee nel M5S sono evidenti. Penso
Di Maio faccia sul serio. Per il bene della politica va
aiutato".