"Matteo risponde" su twitter. E le risposte che il segretario del Pd concede a quanti lo interpellano per un’ora e passa sul web servono a chiarire la strategia: Renzi continua a giocare su più tavoli, in attesa di vedere tutte le carte. Il sindaco di Firenze va avanti con l’avvicinamento progressivo ma esigente a Enrico Letta. Contemporaneamente fa coincidere la nuova posizione con una frattura con l’alleato della prima ora Angelino Alfano. Una sfida continua ai limiti della rottura, nella quale il leader democratico detta condizioni pesanti all’Ncd.
Il segretario del Pd continua a puntare tutto sulla legge elettorale, anche se sul sistema non scioglie le riserve, in attesa di vedere su quale puntare. Tradotto, lascia aperta ancora l’uscita di sicurezza di un accordo in extremis con Berlusconi su un modello elettorale spagnolo, per tornare al voto. E però, a oggi, Renzi lascia che a incontrare Verdini vada l’esperto D’Alimonte e si riserva di vedere il Cavaliere dopo aver parlato con Alfano.
Ma le premesse per avviare la trattativa con il leader del Nuovo centrodestra non le pone. Anzi. L’idea resta la stessa: «Dettiamo l’agenda noi stavolta», spiega ai senatori, ai quali chiede l’estremo sacrificio della seconda Camera. «Non possiamo permetterci di farci tenere sotto scacco per otto mesi, come sull’Imu». Poi Renzi torna ai toni incandescenti: «Il governo in questi mesi ha fatto poco. E uso un eufemismo».Dunque la rivoluzione partirà dal governo, con o senza rimpasto che dipende da Letta. Oltre alla legge elettorale, che resta fuori dal patto con l’esecutivo, e la riforma del Senato, il Pd resterà in questo esecutivo per fare il jobs act e «il tempo necessario per far approvare ius soli e civil partnership alla tedesca, su questo non c’è discussione».Un programma pesante, senza appelli, che cade come una bomba su Palazzo Chigi. «Se Ncd dice no a una di queste proposte, apre un problema». Ma ancora una volta Renzi cerca di tranquillizzare il premier: in questo modo, è la sua lettura, «anche le preoccupazioni di Letta verrebbero meno perché ci mettiamo almeno un anno» a fare tutto. E non basta: il segretario del Pd affonda anche sulla proposta di Alfano per la riduzione del Senato. Un «passo indietro», dice, visto che «Ncd propone di eleggere 210 senatori al posto di 315. Esattamente il contrario di quanto si era detto. Noi non condividiamo».
La ciliegina sulla torta renziana è l’accordo con il capo dello Stato, da ostentare davanti a Letta e Alfano: «Napolitano aspetta le riforme da sette anni. Dopo anni di chiacchiere ci siamo».
In realtà, così non ci stanno proprio nell’Ncd. «Le affermazioni di Renzi circa l’utilità dell’Ncd ai fini dell’approvazione dei matrimoni gay e dello ius soli sono un segnale di arroganza che non aiuta la ricerca del buongoverno nel difficile 2014», tuona Maurizio Sacconi. «Siamo pronti a discutere ma non siamo al prendere o lasciare», concorda Gaetano Quagliariello. Cerca di ricucire Dario Franceschini: «Credo che le unioni civili e la Bossi-Fini debbano entrare nel patto di governo. Discuteremo insieme».