sabato 5 aprile 2014
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Giorgio Napolitano i conti per le coperture del Def li ha già visti. Matteo Renzi, al Quirinale, non ha bisogno di rassicurarlo oltre, ma conferma: le risorse ci sono. Il presidente della Repubblica è anche al corrente dell’esito positivo dei colloqui internazionali del premier di questi ultimi giorni e del credito ricevuto a Londra, Parigi e da Obama sulle riforme, che riaprono le frontiere italiane agli investitori stranieri. Ed è soddisfatto delle continue rassicurazioni del premier sul rispetto dei parametri europei. Ora l’importante, per il capo dello Stato, è portare a casa la prima lettura della revisione costituzionale su Senato e Titolo V prima del 25 maggio. Ma l’incognita più grande, di cui Giorgio Napolitano parla a lungo con il presidente del Consiglio è quello che farà Silvio Berlusconi il 10 aprile, data fatidica per le sue sorti giudiziarie.

Una decisione destinata ad avere ripercussioni sulla politica del Paese, appeso a un Movimento 5 stelle in crescita nei sondaggi, che potrebbe diventare il secondo partito italiano, superando Forza Italia. Non è solo questione di «agibilità politica»: la mancanza di una leadership che sostituisca l’ex Cavaliere non fa che aumentare le preoccupazioni. Perciò la sponda offerta da Palazzo Chigi all’ex premier azzurro può contribuire a frenare l’ascesa grillina.

Serve arrivare al primo giro di boa delle riforme, insiste il presidente della Repubblica. Napolitano si informa con Renzi di quanto accade nel Pd. Il ministro Maria Elena Boschi ha avuto una polemica forte con i "professori" che hanno tentato di proporre una diversa soluzione per il Senato e le regioni. «Temo che in questi trent’anni – dice la titolare delle Riforme - le continue prese di posizione dei Professori abbiano bloccato un processo di riforma oggi non più rinviabile».

Una esternazione che fa infuriare quanti nel partito ritengono di aver lavorato tanto e sodo sulle regole in questi anni. Per Renzi si tratta di una frenata, anche se ai suoi dissidenti ha già replicato che il loro sforzo è inutile, non ha «chance». Il premier, piuttosto, è convinto che le regole si faranno a breve e la data delle europee per la prima delle quattro letture sarà rispettata.

E allora il premier continua a ridimensionare le divergenze nel Partito democratico, che a maggioranza resta compatto sulle sue scelte. Il problema, appunto, resta l’incertezza sulle mosse di Forza Italia.

In questo quadro, comunque, fa rumore la presa di posizione di Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebersky, tra i firmatari del manifesto «Verso la svolta autoritaria», promosso da Libertà e Giustizia e non certo morbido con l’impianto della riforma proposta da Renzi. Una polemica che si allaccia alla divergenza della minoranza democratica. «Le parole della ministra Boschi mi producono sofferenza e disagio», replica la prodiana Sandra Zampa, che bolla qualsiasi generalizzazione. «Ci sono professori come Roberto Ruffilli che hanno perso la vita per tentare di cambiare l’Italia, o hanno dato straordinari contributi al cambiamento», incalza la deputata Pd, citando, tra gli altri, Scoppola, Andreatta, Padoa Schioppa o Prodi. E alle sue parole seguono quelle di Stefano Fassina che ribadisce un concetto già emerso in questi giorni tra le fila della minoranza Pd: «chi è al governo rispetti opinioni diverse, anche quelle dei professoroni. No al pensiero unico».

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