Il ministro Giancarlo Giorgetti - Reuters
Dopo il silenzio del primo giorno, quando gli è stato attribuito un piano tecnico per rilanciare la natalità in Italia tramite incentivi fiscali, Giancarlo Giorgetti, chiamato dal Senato per essere ascoltato sul Def, rompe gli indugi e conferma che l’idea c’è. «Non ci può lasciare indifferenti la curva demografica, dobbiamo immaginare di mettere in campo un’azione choc. Penso sia il caso soprattutto di eliminare disincentivi alla natalità: non possiamo tassare allo stesso modo cbi è single e chi ha una famiglia con figli perché è evidente che quest’ultimo sopporta dei costi che alterano il concetto - tanto caro a tanti - della progressività del carico fiscale», spiega il ministro dell’Economia.
Ma prioritario per il governo è anche proseguire sul taglio delle tasse del lavoro, soprattutto per i redditi medio-bassi, misura che dovrebbe concretizzarsi a breve , assicura l’esponente leghista, che sul punto si spinge a contestare stime anche autorevoli: «Credo sia qualcosa di significativo e non i 15 euro di cui parla la Banca d’Italia, di cui ho massimo rispetto ma di cui verificherò le fonti».
Il cantiere, insomma, è ufficialmente aperto. Certo, tutto rimane ancora prematuro perché, come noto, la materia è particolarmente complessa. Si incrociano limiti contabili e aspetti legislativi, con diversi nodi da sciogliere. Sul primo punto lo spazio è quello ricavato in deficit dai numeri del Documento di economia e finanza: 3,4 miliardi per quest’anno, che verranno usati subito per un nuovo taglio del cuneo; e 4,5 per il 2024 destinati a ridurre la pressione fiscale. Risorse su cui si attende ora l’autorizzazione del Parlamento, che voterà la prossima settimana.
Diverse sono le ipotesi affastellate sulle scrivanie del ministero di via XX Settembre. Il punto di partenza, che già contiene fortemente l’impatto finanziario del progetto, è che gli aiuti varranno solo per i nuovi nati, dato che la filosofia che li ispira è appunto quella di “spingere” il contrasto alla curva demografica che in futuro getta forti dubbi, al di là del possibile contributo fornito dagli immigrati, anche sulla tenuta del sistema pensionistico. L’obiettivo è riportare i neonati dall’attuale quota, scesa sotto le 400mila unità annue nel 2022, verso l’obiettivo 500-600mila. La filosofia che ispira il dossier è quella di non cadere in quella che è definita la “trappola” del Superbonus, cioè dare tantissimo a tutti, finendo per spendere molto e per muovere poco nel concreto. Per questo, anche se nel merito si stanno confrontando varie “scuole di pensiero”, si pensa di modulare gli incentivi in modo progressivo.
Quindi la detrazione dall’Irpef (a meno che invece non si opti per un’alternativa deduzione dal reddito) non sarebbe di 10mila euro, ma solo di 2.500 euro per il primo figlio, che in genere quasi tutte le coppie mettono al mondo. Che salirebbero poi a 7.500 euro (in aggiunta ai primi 2.500) alla nascita del secondo figlio, per una media insomma di 5mila euro ciascuno. Quindi a 12.500 euro per il terzo e a 17.500 al quarto figlio. Inoltre è ritenuto importante attribuire lo sgravio alla madre, in modo da favorire il lavoro femminile, con la facoltà per la donna, in caso di incapienza e impossibilità di godere della misura “piena”, di attribuirlo al coniuge nella misura massima del 50%.
È questa la strada che al Mef si intenderebbe percorrere per combattere la sfida demografica. Ovviamente non mancano i risvolti politici di questa partita. Fdi, il partito della premier Meloni, non nasconde perplessità sul fatto che questa idea sia stata data subito in pasto ai media (Meloni ci teneva a presentarla lei): il timore è che la Lega si voglia intestare le misure sulla natalità come - osserva una fonte dei Fratelli - ha fatto sul fronte dei migranti. In casa Lega si sottolinea invece che la proposta va nella direzione di un cambio di rotta, di una politica che guarda maggiormente ad un elettorato moderato e si allude al 2 maggio quando, al Consiglio federale leghista, ci potrebbe essere una novità sulla collocazione del partito in Europa. Tutte illazioni, per ora. Intanto, un incoraggiamento arriva dal Forum delle associazioni familiari. «Accogliamo con favore le proposte - dice il presidente Adriano Bordignon -, passeremmo finalmente dai brodini alle bistecche. Serve uno choc per evitare il declino demografico».
Per il resto, il ministro rassicura sulla spesa sanitaria (aumenterà nel triennio, dice a chi, come Landini, denuncia tagli «inaccettabili» nel Def) e precisa che servirà una «selezione rigorosa» dei sostegni pubblici. Poche, infatti, sono al momento le risorse. Lo certifica l’Ufficio parlamentare di bilancio: nel Def «sembrerebbero necessarie cospicue risorse di copertura che appaiono difficili da reperire», dice in audizione la presidente Lilia Cavallari, che cita i rinnovi contrattuali, le pensioni, la spesa sanitaria e anche il cuneo fiscale stesso.
Secondo noi
IL VERO SCANDALO È SCANDALIZZARSI
Il vero scandalo è che faccia ancora scandalo.
Che un piano di sostegni fiscali alla famiglia e alla natalità possa ancora essere bollato come «dannoso e pericoloso». Scambiato addirittura per un rigurgito di cultura fascista, quando scelte simili sono state già fatte in mezza Europa.
Certo, il merito della proposta avanzata in questi giorni dalla Lega è ancora tutto da decifrare. E cifre sparate a caso aumentano la confusione. Ma, per favore, almeno sui figli, almeno sul drammatico inverno demografico, evitiamo i conflitti ideologici e discutiamo assieme di equità orizzontale e sostegni alle famiglie. Si è fatto – bene e insieme – con l’Assegno unico, proviamoci anche col Fisco.