martedì 21 maggio 2024
Le scosse non danno tregua ai Campi Flegrei. Verifiche sulle abitazioni a rilento, si chiede un nuovo decreto con l’invio dei militari e l’accesso al sisma-bonus. Il vertice con Meloni
La tendopoli al porto di Pozzuoli

La tendopoli al porto di Pozzuoli - ANSA

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Dopo le scosse di martedì sera, l’incertezza di Pozzuoli è tutta in un dato: 19 accertamenti svolti su quasi 500 segnalazioni di danni sospetti nelle abitazioni. Degli oltre mille cittadini che vogliono capire cosa sia più giusto fare, restare in casa o andare nei tendoni o cercare soluzioni in proprio, giusto qualche decina ha avuto una risposta. Gli altri faranno ancora a naso, a sensazione. Affidandosi a un’esperienza che però è priva di un sottostrato scientifico: dopo forti scosse, c’è stato qualche giorno di tregua. A quello ci si affida, per ora: a una tregua che dia il tempo di uscire dalla navigazione a vista degli ultimi mesi.

In Piazza a Mare il clima è surreale: i tendoni della Protezione civile indicano un’emergenza che però resta latente. Una decina di famiglie già sono state evacuate, per loro il Comune ha procurato anche il pranzo. Numeri gestibili, per ora. Ma solo perché le verifiche sulle abitazioni procedono a rilento. Colpa di tutti e di nessuno, come sempre in questi casi. L’ufficio tecnico municipale, la Polizia municipale, la Protezione civile e i Vigili del Fuoco, semplicemente, non ce la fanno a stare dietro alle chiamate. I centralini si intasano facilmente. Le persone si lamentano sui social. E chi ha paura non si accontenta di una supervisione esterna degli edifici, vuole che gli esperti entrino dentro a vedere le crepe nei muri. Ma tutte le donne e gli uomini delle istituzioni presenti ora sul territorio sono competenti per verifiche di questa rilevanza? Il punto insomma è che le risposte sull’abitabilità delle case vanno date subito. E le risorse per dare queste risposte devono arrivare da Roma. «Serve l’Esercito», sussurra un’assessora che vorrebbe non trasferire panico, ma proprio non riesce a nascondere la fragilità della macchina di fronte a eventuali fatti più gravi.

Ci si chiede cosa sia stato fatto in questi mesi, dal governo, dalla Regione, dagli enti locali. Con candore un poliziotto municipale ammette che le prove di evacuazione non hanno coinvolto tutta la città, sono state non obbligatorie e tutto sommato svolte con un certo lassismo. Non c’è nemmeno una app o un sistema di alert unico cui fare riferimento. Ad aiutare i cittadini sono i consiglieri comunali con i post sui social e i messaggi whatsapp. Le pagine dei consiglieri Marzia Del Vaglio e Gianluca Sebastiano sono prese d’assalto, come quella del geologo locale Carlo Migliore, ma certo non tocca a loro orientare 80mila persone. Insomma, non si è pronti. Eppure il decreto-bradisismo, che è già da superare per gli addetti ai lavori, risale al 13 ottobre 2013. Al momento non è annunciato l’arrivo in città del ministro competente, Nello Musumeci, mentre in serata è arrivato in visita in città il titolare della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Il vertice romano decisivo però ci sarà mercoledì alla presenza di Giorgia Meloni.

È il tempo che è passato senza chiarezza che convince le persone a far da sé. Nel cuore del centro storico una famiglia si fa notare con quattro grossi trolley. Non sono turisti. Se ne stanno andando. È quello che Marco Plutino, costituzionalista orgogliosamente puteolano, chiama «l’esodo degli inquilini». Chi paga il fitto, sta disdicendo i contratti. Senza certezze, meglio pagare il pigione dove non si rischia nulla. Quasi un’ovvietà.

Il segnale poi dello svuotamento del carcere femminile viene preso dai cittadini come la prova che ci sia un pezzo di pericolo ancora non comunicato, nonostante le autorità si affannino a spiegare che per un centro di detenzione bisogna mettere un “plus” di prudenza.

L’economia locale già ne risente. L’acqua si è abbassata, l’attracco dei traghetti è diventato complesso. I pochi turisti camminano spaesati nei luoghi che anche San Paolo toccò nella sua missione. Parlare di città fantasma forse è troppo, ma Pozzuoli è senza dubbio una città sospesa.

Le attese sono rivolte alle decisioni che prenderà l’Unità di crisi a Roma. L’amministrazione vuole sapere se sarà attivato o meno, e in quale misura, il “piano speditivo” della Protezione civile, che comunque deve avere l’imprinting del Consiglio dei ministri. Si parla di zone rosse e arancioni, ma soprattutto il piano prevede l’attivazione di alberghi in convenzione per chi dovrebbe lasciare la casa. Chiaro che se fosse presa una decisione in questo senso con meno patemi si procederebbe a evacuazioni più massicce. Anche perché, restando sull’intensità delle ultime scosse, potrebbero essere a pericolo di crollo le strutture più fragili, in particolare i balconi realizzati senza ferro.

Ma tutto questo restando nel solco degli immobili “legali”. C’è il grosso non detto della reale situazione di sicurezza di tante abitazioni e strutture costruite in modo abusivo. C’è timore per le palazzine popolari di via Napoli. Si affaccia anche un pericolo di frane. Alcune zone hanno interruzioni di acqua. Servirebbe, da Roma, una risposta anche sulle modalità con cui aumentare la sicurezza di edifici pubblici e privati, ad esempio estendendo a Pozzuoli il sisma-bonus.

Insomma, un quadro preoccupante che non risparmia anche le chiese di Pozzuoli e dei Comuni limitrofi. Alcune già sono chiuse al culto. «Ma queste sono cose che si risolvono - spiega il vescovo, mons. Carlo Villano -. La priorità per noi ora è accompagnare le persone, mantenere viva la speranza, non lasciar passare l’idea che qui non sia possibile un futuro».

La preoccupazione della Chiesa locale è per «la salute e gli stati d’animo» dei puteolani, perché la situazione di stress può incidere anche sui rapporti sociali. Nella consapevolezza, però, conclude il vescovo, che «solo fino a un certo punto» si possono chiedere certezze.

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