Traditi. Non usa mezzi termini per descrivere il sentimento che genera il piano industriale di Poste Italiane in chi, da sempre, utilizza questo vettore per rendere concreto il diritto all’informazione di tutti i cittadini. Don Antonio Rizzolo non è un prete barricadero, eppure il suo giudizio è molto severo. Condirettore di
Famiglia Cristiana e direttore di
Credere, Rizzolo è stato vicepresidente della Fisc in qualità di direttore della Gazzetta d’Alba. Sulla consegna a giorni alterni non ha dubbi: «Da sempre il gruppo editoriale San Paolo ha usato solo Poste italiane per la consegna delle proprie riviste agli abbonati e se il Piano Caio andasse in porto ci sentiremmo traditi» ci dichiara in quest’intervista.
Il piano strategico di Poste Italiane, con la consegna della posta e dei giornali a giorni alterni al 25% della popolazione italiana, avrà delle ricadute sulle pubblicazioni del gruppo San Paolo? Avrà certamente delle forti ricadute sulle riviste del gruppo. Soprattutto se consideriamo che gli abbonamenti, in particolare al settimanale
Famiglia Cristiana, costituiscono oltre il 50 per cento delle vendite. Di tutti i nostri abbonati, circa il 30 per cento abita nei Comuni periferici coinvolti dalla "riforma", piccoli paesi dove spesso non c’è un’edicola.
Fin qui le conseguenze diffusionali. Ma ci saranno dei problemi anche per la pubblicità?Sicuramente. Se, ad esempio,
Famiglia Cristiana non dovesse "consegnare" più a migliaia di abbonati, perderebbe molti lettori e sarebbe meno appetibile per gli investitori pubblicitari. Il danno, insomma, sarebbe duplice: non riguarderebbe solo i ricavi editoriali (cioè la vendita di copie in abbonamento) ma anche quelli pubblicitari. E questo, in un momento di crisi dell’editoria, sarebbe deleterio.
Storicamente, i vostri giornali utilizzano solo Poste Italiane come vettore degli abbonamenti?Da sempre il gruppo editoriale San Paolo ha usato solo Poste italiane per la consegna delle proprie riviste agli abbonati. Considerando questa lunga storia insieme, questa
partnership di lunga data, le scelte annunciate ci meravigliano molto. Se il Piano andasse in porto ci sentiremmo traditi. È come se fossimo abbandonati. Esistono certamente delle alternative, ma non strutturate a livello nazionale come le Poste. Si tratta di servizi limitati, distribuiti a macchia di leopardo. Per riviste come le nostre, diffuse in tutto il Paese fin nei suoi luoghi più sperduti, una vera alternativa capillare alle Poste ancora non esiste. In qualche zona dove la consegna è già più difficoltosa, come ad esempio quella di Roma, esistono dei vettori alternativi, anche se al momento il nostro gruppo non li sta usando.
Poste Italiane sostiene che questo è un mercato morente e che la lettura dei giornali transiterà verso il digitale. E’ così anche per voi? Per quanto ci riguarda, il digitale è ancora un settore marginale, quanto meno per la diffusione delle riviste. Oggi costituisce appena il 3 per cento delle vendite. Il passaggio, dunque, è ancora molto lento. Anzi, in termini di mercato, penso che coesisteranno ancora per un certo tempo sia la "carta" che il digitale. La maggior parte delle persone, non solo gli anziani, preferisce ancora la lettura di una rivista cartacea, piacevole da tenere in mano e da sfogliare: sarebbe ingiusto penalizzare queste persone, che sono la maggioranza, ed escluderle dalla fruizione dell’informazione tramite la "carta". Non si capisce, peraltro, perché debbano essere le Poste a decretare anzitempo la morte delle riviste cartacee: sarebbe più logico cambiare il sistema distributivo quando il mercato editoriale veramente lo richiedesse.
Secondo la vostra esperienza, la figura del portalettere ha ancora un ruolo sociale?Sicuramente sì, soprattutto nei piccoli Comuni che le Poste vogliono abbandonare. L’immagine che mi viene in mente è quella del postino nel film
Benvenuti al Sud. Non si tratta solo di un servizio, ma di un appuntamento quotidiano con le persone, con le famiglie. Si crea naturalmente un legame, una sorta di amichevole appuntamento, a partire dal semplice saluto. Il postino è davvero, nei piccoli paesi, l’amico di famiglia che incontri tutti i giorni. Ma al di là di questo, la funzione del portalettere ha pure un valore economico, purché si creassero delle migliori sinergie. Perché devono arrivare in una stessa abitazione dieci corrieri diversi, quando basterebbe un solo postino? Su questa linea, il ruolo del portalettere potrebbe ampliarsi, come peraltro vorrebbero anche le Poste, diventando un venditore. Per quanto ci riguarda, potrebbe stipulare gli abbonamenti.
Dal dibattito di questi mesi è emerso che il piano Caio non ha una base giuridica nella legislazione di riferimento, cioè quella europea. Perché il governo non fa nulla per fermare una decisione che provocherebbe - per ammissione di diversi suoi esponenti - una procedura d’infrazione al nostro Paese e abbandonerebbe al loro destino "postale" milioni di cittadini?Forse chi sta al governo non si è reso conto a sufficienza del problema e si sta preoccupando d’altro. Al di là della possibile procedura d’infrazione, mi sembra che ci sia una mancanza di attenzione nei confronti dei cittadini meno tutelati. Per un verso si rischia di violare dei diritti costituzionali e per un altro di dimenticare che lo Stato finanzia ancora le Poste per garantire un servizio che queste ultime intendono dismettere.