Resistere è esistere, cioè continuare ad essere se stessi in un tempo difficile, in un clima culturale sempre più ostile verso i poveri e verso chi li aiuta. Sono le parole d’ordine di Roberto Rossini, presidente delle Acli, la principale associazione cattolica italiana per numero di iscritti, che riflette sugli effetti per la società civile della recente conversione in legge del decreto sicurezza bis. «Ci siamo espressi più volte sui contenuti – precisa Roberto Rossini – . Prima di tutto notiamo che il governo ha scelto la strada securitaria, quindi l’arroccamento in difesa davanti a un fenomeno epocale e per giunta prendendosela con dei poveracci anziché lottare contro le cause autentiche dell’immigrazione. Le norme che puniscono le Ong che effettuano salvataggi in mare sono inoltre durissime e sproporzionate. Le Ong fanno solo il loro mestiere, non ha senso criminalizzarle.
Altra obiezione è la continua criminalizzazione dei poveri. Queste persone cui si vuole impedire lo sbarco non sempre scappano da conflitti, ma anche se sono migranti economici fuggono da situazione di povertà estrema. Spesso sono detenuti in centri e campi in Libia, magari dopo essere stati riacciuffati dalla Guardia costiera libica in mare, dove è chiaro a tutti che le condizioni di vita sono disumane».
Dubbi sulla costituzionalità della legge?
Molti. Alcune norme in particolare vanno contro il diritto internazionale del mare per quanto riguarda gli aspetti del salvataggio e dell’accoglienza delle persone salvate. Senza contare che in unico testo c’è di tutto e di più, dalle norme sul salvataggio in mare che riguardano i rapporti con altri Stati alle regole sulle manifestazioni e la violenze negli stadi. Rilevo inoltre una contraddizione.
Quale?
Se è vero che il numero degli sbarchi è drasticamente calato, quale era la necessità di un decreto sicurezza bis, ovvero di agire con uno strumento che per sua natura deve affrontare l’urgenza? Inoltre è scomparsa la politica migratoria. In Italia, a parte i ricongiungimenti familiari e il decreto flussi, per uno straniero oggi è impossibile entrare in modo regolare. Vedo che non c’è nulla neppure sui corridoi umanitari, nonostante le riflessioni proposte dalla Comunità di Sant’Egidio. Si parla solo in modo ossessivo di porti chiusi e di aumento delle pene per chi prova a salvare vite umane.
Davanti alle proteste del mondo cattolico, il ministro Salvini e i suoi megafoni sui social e nei media tradizionali replicano che tale scontento è dovuto alla fine del business della solidarietà. Cosa risponde?
L’aiuto ai poveri definito 'mangiatoia' è l’esempio più calzante del disprezzo della maggioranza per i poveri e del sospetto verso chi li aiuta, per i buoni, come Avvenire ha ribadito più volte. Stiamo parlando di organizzazioni che aiutavano i poveri prima della questione migranti, senza guardare mai al passaporto, e che continuano a farlo. Nessuno nega che ci siano stati errori e abusi da parte di alcune cooperative, ma aldilà dell’attacco alle motivazioni di chi aiuta, va ribadito che fare bene il bene ha dei costi perché comporta l’utilizzo di figure professionali. Per quanto riguarda le coop promosse dal mondo cattolico, i famosi 35 euro non hanno arricchito nessuno, semmai pagato operatori professionali per offrire servizi migliori. Del resto lo Stato grazie alla sussidiarietà risparmia e, sul versante delle motivazioni. L’aiuto viene dato dalle organizzazioni cristiane in modo sobrio - mi chiedo dove sarebbe lo Stato senza i cattolici - perché animate dalla fede e dalla compassione mariana verso i sofferenti.
Da credente come giudica il riferimento del vicepremier alla Vergine per l’approvazione della legge?
Scandaloso, una strumentalizzazione inopportuna. Eravamo abituati a considerare Maria come madre vicina ai figli sofferenti. I grandi luoghi mariani sono luoghi di sofferenza e insieme a tante sventure, questo secolo ci ha fatto conoscere il dolore di chi emigra dal Sud. Queste sofferenze vanno accostate al nome di Maria, non una legge che se la prende con chi aiuta i migranti.
In un tweet padre Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica ha scritto che questo è un tempo di resistenza umana civile e religiosa. Cosa può fare il laicato cattolico per risvegliare le coscienze?
Non abbiamo grandi strumenti, ma continuiamo a esistere, a testimoniare la fede portando avanti la nostra opera di aiuto ai poveri nonostante tutto. Noi resistiamo partendo dal basso, non ci arrendiamo né resteremo in silenzio.