Un bambino soccorso dalla Alan Kurdi (Ansa)
Acnur, Centro Astalli, Emmaus Italia, Fcei: è unanime la reazione contro il decreto sicurezza-bis da parte di molte realtà impegnate da sempre nell’accoglienza. Perché anche se il mirino di chi ha scritto questa legge è puntato sulle Ong, a essere colpite saranno innanzi tutto le persone.
E così a spaventare l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, intervenuto ieri sulla questione, non sono tanto «le sanzioni più severe alle imbarcazioni e alle persone che effettuano operazioni di soccorso», come chiarisce il portavoce, Charlie Yaxley, ma il destino che attende «la gente in fuga dalla violenza in Libia».
Anche per il Centro Astalli «destano allarme le misure volte a ostacolare o impedire le attività di soccorso», a maggior ragione nella condizione attuale, «in cui gli Stati europei hanno cessato ogni operazione di salvataggio nel Mediterraneo. Lasciar morire i migranti in mare – denuncia ancora l’associazione in un comunicato – oltre che indegno, non è di certo un deterrente per chi, costretto alla fuga da guerre, persecuzioni o gravi necessità, in assenza di alternative legali, non si fermerà davanti ai pericoli del mare o delle carceri libiche».
Il presidente del Centro, padre Camillo Ripamonti, si spinge anche oltre e definisce l’approvazione «una pagina buia della storia democratica dell’Italia», arrivata «mentre paura e odio vengono profusi ad arte per alimentare distrazione e si colpisce con stupefacente semplicità il cuore della nostra Costituzione, della nostra storia, dei nostri principi di civiltà».
Ancora più dura la reazione del presidente di Emmaus Italia, Franco Monnicchi, che nel suo sfogo su Facebook invoca la necessità di una disobbedienza civile di fronte a un provvedimento ingiusto: «Nessuno ma proprio nessuno, nessuna legge, decreto, ingiuria, insulto, minaccia, ci potrà costringere ed obbligare ad abdicare alla nostra umanità e rinnegare quello in cui crediamo; nel primato dell’uomo, di ogni uomo, donna e bambino, nella sacralità della vita umana, nell’essere accanto ad ogni persona in difficoltà a partire dai più piccoli, dai più deboli, dai più poveri».
«Sarebbe stato più appropriato e onesto chiamarlo “decreto criminalizzazione” – ha attaccato anche Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) –. Il decreto approvato lunedì sera con voto di fiducia al Senato non ha nulla a che fare con la sicurezza degli italiani e degli immigrati ma, nelle esplicite intenzioni del ministro dell’Interno che se lo intesta, ha il solo obiettivo di criminalizzare le Ong che operano nel Mediterraneo».