lunedì 5 agosto 2019
E Salvini arriva persino a dire: «Chi è stato a Medjugorje lo sa, è il 5 agosto, il compleanno della Vergine e mi fa piacere che oggi faccia un bel regalo all’Italia»
Sicurezza-bis, al Senato la maggioranza tiene. È legge con 160 voti
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Il discusso decreto sicurezza-bis, convertito dal Senato in legge a tappe forzate, ha incassato ieri l’ultimo via libera del Parlamento ed è pronto per la pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Nessuna suspence, dunque. Pronostici e cabale della vigilia sull’eventualità che la maggioranza giallo-verde in Senato si rivelasse meno solida, per via dei "franchi tiratori" 5s, sono rivelati fallaci. Sul piano dei numeri, infatti, la fiducia incassata ieri dal governo (160 sì, 57 no e 21 astenuti) non lascia spazio a congetture. Specie se si considerano le assenze di una senatrice 5s, Vittoria Bogo Deledda e di due leghisti (Umberto Bossi e Massimo Candura, il primo per ragioni di salute, il secondo è in viaggio di nozze) che, se in Aula, avrebbero potuto portare il totale a quota 162-163, sopra la maggioranza assoluta.

L’uscita dei dissidenti 5s. Tecnicamente, i presenti sono stati 289, i votanti 238. Come annunciato, Fratelli d’Italia ha scelto l’astensione, mentre i senatori di Forza Italia non hanno partecipato al voto, pur restando in Aula. Nel fronte pentastellato, vota sì anche il No Tav Alberto Airola («Non è il caso di far cadere il governo su questo») e la pattuglia dei dissidenti si ferma a quota cinque: Virginia La Mura, Matteo Mantero, Michela Montevecchi, Lello Ciampolillo e Elena Fattori sono ricorsi all’assenza al momento della "chiama". In Aula, infine, non c’erano i sei senatori a vita.

La Lega esulta, proteste del Pd. L’attesa del voto infuoca le reti social: «La disumanità non può diventare legge», è lo slogan virale lanciato da Libera. Davanti a Camera e Senato si tengono sit-in. Molti parlamentari dem indossano t-shirt con la scritta «Non sprechiamo l’umanità». In Aula, il decreto è arrivato senza relatore e senza che la commissione abbia votato un solo emendamento. All’ora di pranzo, quando inizia il dibattito, l’emiciclo è pressoché deserto. Durante le dichiarazioni di voto, l’Aula si anima. Il dem Davide Faraone alza un cartello con lo slogan di Libera. La maggioranza ribatte: «Non cambierete mai». Per chi sta attento ai segnali, la ritrovata compattezza giallo-verde risuona nell’applauso dei senatori 5s alla leghista Daysi Pirovano, mentre osanna l’amicizia e la collaborazione fra le due forze. Poi arriva l’esultanza per l’esito del voto, con l’applauso fra i banchi di Lega e M5s. Qualcuno, come il senatore leghista Simone Pillon, scatta un selfie. Voci di protesta salgono dal Pd, che già aveva stigmatizzato («Vergogna!») la decisione del governo di ricorrere alla fiducia.

Salvini all’incasso: stanco di insulti. «Oggi bado ai fatti, del resto dei temi politici parleremo da domani», taglia corto il ministro dell’Interno leghista Matteo Salvini. Il risultato – ossia la conversione in legge del decreto anti-Ong –, è stato raggiunto e il leader leghista lo incassa: «Ci saranno meno Carola e più Oriana Fallaci» sostiene, arrivando a ringraziare la Madonna: «Chi è stato a Medjugorje lo sa, è il 5 agosto, il compleanno della Vergine e mi fa piacere che oggi faccia un bel regalo all’Italia».

Accostamenti sconcertanti a parte, Salvini guarda già al possibile scontro di mercoledì, con la mozione 5s sulla Tav: «Sono stanco degli insulti che mi arrivano da mesi non dalle opposizioni, ma dagli alleati. Ma oggi è una bella giornata e nessuno potrà rovinarmela», avverte il vicepremier, in risposta allo sparuto gruppetto di grillini che, per usare una espressione di Mantero, avevano chiesto «di mettere un limite alla strafottenza della Lega» che, «coi suoi no e i suoi diktat si comporta come fosse sola a decidere».

Critiche che non scalfiscono la sicumera del ministro, impermeabile anche alle ennesime rivelazioni giornalistiche su presunti fondi percepiti in Marocco dal suo ex portavoce Gianluca Savoini: «Ci ho comprato i gelati per mio figlio – ironizza Salvini – che poi è andato sulla moto d’acqua».

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