«Sono fiducioso che il Consiglio europeo del 24 e 25 ottobre porrà le prime basi per cambiare l’approccio comunitario sulle politiche migratorie...». Il vice ministro degli Esteri, Lapo Pistelli, è nel suo ufficio alla Farnesina. Il vertice del governo sulla missione "Mare nostrum" si è da poco concluso: «Abbiamo un dovere d’intervento, che ci deriva dalla posizione geografica e dall’umana solidarietà. Posto che la politica dei respingimenti è inumana e fallimentare e che l’Italia deve coinvolgere la Ue ma senza restare inerte, è chiaro che l’intervento umanitario comporterà costi, ma è giusto discuterne alla luce del sole...».
La Ue ha messo in campo Frontex. Non era sufficiente?Frontex, così com’è, non sembra in condizione di svolgere tale mandato: ha poche dotazioni logistiche, un numero limitato di unità navali e un sistema di controllo delle frontiere ancora insufficiente.
C’è chi chiede che la guidi un italiano...Non servono tali garanzie, anzi mi sentirei quasi più tranquillo se ci fosse un tedesco o uno svedese, per condividere il peso delle decisioni. L’importante è che siano potenziate le unità navali europee: le due operazioni Ue in corso, Hermes ed Aeneas, non bastano. E attendiamo l’entrata in funzione del nuovo sistema di monitoraggio marittimo, Eurosur, previsto per il 2 dicembre. Detto questo, la decisione sulla nostra missione andava presa con urgenza, per evitare altre tragedie.
Il premier libico Zeidan chiede che il dialogo europeo sull’immigrazione includa il suo governo...Gheddafi era un ricattatore e gestiva scaltramente la leva dei flussi migratori per ricavare vantaggi. Al contrario, la richiesta di Zeidan pare assolutamente sincera. Inoltre, L’Italia sente una responsabilità in più: dopo il G8 in Irlanda, il nostro Paese ha ricevuto un mandato di fatto ad accompagnare, più di altri Paesi, la Libia fuori dalla sua crisi attuale, ma la precondizione per dialogare con Tripoli è che il suo quadro istituzionale riesca a consolidarsi. Oggi è fragile, come prova il recente sequestro lampo del suo premier.
Torniamo al Consiglio Ue. L’Italia insisterà sulla modifica del regolamento di Dublino sul diritto d’asilo?È necessario. Lo dicono le cifre: nel 2012 i migranti approdati sulle coste italiane sono stati 12.726. Quest’anno siamo già oltre quota 31mila (17mila da luglio): 8mila siriani, 8mila eritrei, 3mila somali, 2.300 egiziani, 2mila nigeriani. La paura dell’invasione è sbagliata. L’Italia è solo il piano terra del condominio Europa: per i migranti siamo la porta d’ingresso, ma una volta entrati, si spostano in altri Paesi, per ricongiungersi con connazionali e parenti o ottenere accesso a un welfare migliore. Lo confermano i dati: ad agosto 2103, per Frontex, i migranti irregolari rintracciati nella Ue erano 30mila in Germania, 21mila in Francia, 20mila in Spagna, 19.800 in Svezia, 14mila in Italia, 13mila in Grecia, 7mila nel Regno unito. Si tratta solo di registrare la legislazione europea, senza ipocrisie, per ottenere un sistema efficiente.
Nel risiko delle alleanze sul nuovo approccio ai flussi migratori, chi sta con l’Italia?Ex malo bonum: dalla tragedia di Lampedusa, è nata una nuova sensibilità, non limitata ai Paesi frontalieri: le parole del presidente della Commissione Barroso, di quello del Parlamento Schulz, del presidente e del premier francesi sono il termometro del cambiamento. Malta, la Grecia e i Paesi mediterranei non possono che pensarla come noi. Ma le parole di Barroso a Lampedusa mi fanno pensare che anche gli Stati del Nord possano cambiare idea: forse ci sarà qualche resistenza, come in passato, ma la tragicità delle vicende in corso non può essere ignorata.
Chiudiamo col dibattito politico italiano sulla Bossi-Fini. Secondo lei, va cambiata?È una legge basata su un’idea anacronistica di migrante come fattore economico di produzione a tempo, senza possibilità d’integrazione. Ma i migranti che si integrano, come è accaduto ad esempio per migliaia di piccoli imprenditori egiziani, sono fattori di crescita per l’Italia: i migranti che non possono farlo, diventano bombe a orologeria. Inoltre, la Bossi-Fini ha favorito la logica dei respingimenti: è figlia di un tempo in cui si è dato spazio alla pancia, cioè alle paure. Ora serve una nuova legge, fatta con la testa e con il cuore, che sappia accogliere nella legalità.