Si sono sviluppati per venti giorni tre embrioni chimera scimmia- uomo, mostrando un grado significativo di comunicazione fra cellule di specie diverse, con interrogativi inquietanti a cui è difficile rispondere. Stiamo parlando dei risultati di uno studio guidato da Juan Carlos Izpisua Belmonte, del Salk Institute for Biological Studies a La Jolla, in California, in collaborazione con ricercatori cinesi e spagnoli. Embrioni di macaco cinomologo sono stati formati in vitro e al sesto giorno di sviluppo sono state inserite 25 cellule umane iPS, cioè staminali pluripotenti indotte: cellule fatte 'tornare indietro' nel loro sviluppo fino allo stadio simil-embrionale, e quindi capaci di interagire con tessuti dotati delle stesse caratteristiche. Dopo un giorno le cellule umane si erano integrate in 132 embrioni, 103 vissuti fino a dieci giorni, ridotti a 3 dopo 19 giorni.
La tecnica che ha permesso agli embrioni di vivere così a lungo in coltura è stata sviluppata da ricercatori cinesi dell’University of Science and Technology a Yunnan, guidati da Weizhi Ji, pubblicata lo scorso anno. Belmonte aveva provato negli scorsi anni esperimenti analoghi, inserendo iPS umane in embrioni di topo e di maiale, ma la distanza evolutiva fra le specie aveva portato a una interazione scarsa fra le cellule umane e animali. Si tratta di studi con molteplici obiettivi nell’ambito della medicina rigenerativa, incluse le problematiche del trapianto di organi, e con un numero ancora maggiore di dilemmi, a partire da quello fondamentale: cosa sono questi nuovi esseri viventi?
Fino a che punto siamo disposti a spingerci nella manipolazione umano-animale? Sarebbe lecito proseguire nello sviluppo di queste nuove creature, magari cercando di portarle a nascita, per aumentare conoscenze scientifiche? È possibile individuare e quantificare un contributo umano in un essere di una specie non umana, tanto più se evolutivamente prossima alla nostra? E torna la domanda delle domande: cosa è l’umano?