Silvio Berlusconi la spunta, ottiene l’ennesima dimostrazione di fedeltà dai suoi e si presenta da Matteo Renzi con il piatto d’argento su cui servire le riforme. Il premier può blindare l’accordo, a prescindere dalla minoranza del Pd, ma continua a tenere in piedi anche il dialogo con i Cinque Stelle e domani incontrerà i rappresentanti del Movimento pronto a trattare sull’Italicum e sulle immunità. Di fatto, però, le fronde degli azzurri e dei democratici (con il "carico da undici" di Sel) inondano il Senato di emendamenti, destinati a rallentare un percorso che il presidente del Consiglio vedeva già sulle rotaie del suo treno per l’Europa.Renzi, dunque, riunisce i suoi senza chiedere a nessuno un passo indietro. Piuttosto continua a marciare alla sua velocità, ricordando tutti gli appuntamenti che dovranno riempire l’agenda nei mille giorni promessi davanti agli italiani e alla Ue. Un percorso che serve a risollevare l’Italia dalle sabbie mobili, perché, dice, «ha smesso di piovere ma il sole non è arrivato». Un percorso sul quale ciascun parlamentare deve sentirsi responsabilizzato, per cui Renzi chiede «di fare poche ferie». «Il 40,8 per cento dovrebbe caricarci di una responsabilità straordinaria. Se non cambiamo tradiamo noi stessi e gli italiani. È ultima grande occasione», dice a tutti i suoi parlamentari.Tra questi Chiti, Mineo e compagni che sono andati avanti con i loro emendamenti, che si sono aggiunti alla mole degli avversari. E allora la riforma verrà votata non prima della prossima settimana, se si deciderà di chiudere giovedì con la discussione generale e riprendere i lavori tra lunedì e martedì. Un’ipotesi che sembra allontanare la prima approvazione entro la pausa estiva da parte di entrambi i rami del Parlamento, a meno di non tenere aperti i battenti della Camera fino alla vigilia di Ferragosto. Ma la possibilità di chiudere senza incertezze con i numeri di Fi sembra sempre più probabile. Ieri l’ex Cavaliere si è appellato ai suoi con toni da ultima spiaggia. «Sono vent’anni che mi date la vostra fiducia e vi chiedo di darmela ancora una volta. Manteniamo fermo il patto anche se non sono le nostre riforme ideali, ma sono quelle possibili visto che siamo all’opposizione». Il leader azzurro ha fatto presente ai suoi il valore di questo accordo: se ci tiriamo fuori, diventiamo ininfluenti perché Renzi, dopo le Europee, ha acquisito un grande consenso ed ha comunque i numeri per fare le riforme. I suoi hanno accettato apparentemente senza fiatare, visto che non c’è stato nessun intervento dopo le parole di Berlusconi. E però anche i frondisti azzurri non si sono arresi e hanno presentato i loro emendamenti, che si sono aggiunti a quelli del Carroccio, altrettanto inattesi, dopo il consenso del relatore Calderoli alle modifiche apportate con l’altra relatrice di maggioranza Anna Finocchiaro.Insomma, resta il pericolo di uno scivolone o di un blitz, considerando anche la pioggia di proposte alternative di M5S e di Sel. Ma i Cinque Stelle, per contro, a fronte dei toni duri in aula e degli emendamenti, sono pronti da domani a rimettersi a tessere la tela con Renzi. A Roma, a Palazzo Madama, Beppe Grillo continua a menar fendenti. Insulti a parte, però, il capo del M5S accetta che i suoi si siedano al tavolo. «È necessario arrivare a una soluzione soddisfacente per tutti sulla legge elettorale, in modo da trovare un giusto equilibrio fra i problemi di governabilità e quelli della rappresentanza», è la premessa con cui i grillini vanno a vedere le carte.