Il ministro Enrico Giovannini - Ansa
Nei suoi primi sei mesi in quello che una volta si chiamava ministero dei Trasporti e oggi è il ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims) Enrico Giovannini si è trovato a dover chiudere dossier che si trascinavano da anni come Alitalia e Autostrade, risolvere questioni complicate come il passaggio delle grandi navi a Venezia, gestire tante emergenze "minori" che per un ministero possono essere ordinaria amministrazione ma per i cittadini sono peggioramenti significativi della vita quotidiana. Soprattutto, però, il ministero e il governo si sono adoperati, anche alla luce delle risorse del Next Generation Eu, per riattivare gli investimenti e la possibilità di accelerare i cantieri delle opere pubbliche in un Paese che – storicamente – vede anche i migliori progetti soffocare sotto il peso della burocrazia.
Qual è il bilancio di questo primo semestre?
Abbiamo operato in tre direzioni principali. La prima sono stata gli investimenti. Abbiamo dovuto ricorrere a uno strumento emergenziale come quello del commissariamento, per accelerare i tempi e rimettere rapidamente in moto progetti per cui le risorse erano già mobilitate, ma ferme. Sono state commissariate 57 opere pubbliche e il presidente del Consiglio ha appena confermato il commissariamento di altre 45 opere: in questo modo sblocchiamo 102 opere per 96 miliardi di euro, riavviando progetti che attendono di essere attuati da anni. Il secondo punto è stato il Pnrr: non abbiamo solo ottenuto l’approvazione di un piano che per il Mims vale complessivamente 61 miliardi di euro, ma abbiamo anche già chiuso i primi accordi per erogare questi fondi. L’intesa con le Regioni sui decreti attuativi riguarda i primi 8 miliardi di euro di investimenti, in particolare per porti, ferrovie, treni ed edilizia popolare. Infine, c’è il grande lavoro fatto con il decreto Semplificazioni: abbiamo cambiato in profondità il modo in cui si realizzano le opere pubbliche.
Sul dl Semplificazioni ha parlato di "reingegnerizzazione dei processi".
Significa che i vari processi per la realizzazione di un’opera pubblica con le nuove regole si muovono in parallelo, non in sequenza. Può sembrare un tecnicismo, ma è qualcosa di molto concreto: tipicamente un’opera pubblica per essere realizzata ha bisogno di un progetto di fattibilità, poi di fattibilità tecnico-economica, quindi di un più dettagliato piano esecutivo. Su quest’ultimo era previsto il giudizio del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, dopodiché le analisi delle Sovrintendenze, la valutazione dell’impatto ambientale e il dibattito pubblico. Se qualcosa si inceppa in una di queste fasi si riparte da capo e i tempi si allungano. Con le nuove regole le aziende presentano progetti di fattibilità tecnico-economica di "nuova generazione", che includono fin dall’inizio l’analisi di aspetti come l’impatto ambientale, l’economia circolare, le questioni architettoniche o i criteri sul trattamento dei lavoratori. Poi si procedere in parallelo con le diverse valutazioni, il che permetterà notevoli risparmi di tempo nella realizzazione delle opere, a partire da quelle del Pnrr. È una procedura del tutto nuova per l’Italia, in linea con quello che prevede il G20 per la realizzazione di infrastrutture sostenibili.
Tra le ultime urgenze c’è stata la decisione delle regole sul Green pass. L’obbligo sui trasporti a lunga percorrenza da settembre è un buon compromesso tra tutela della salute e praticabilità degli spostamenti?
Non lo definirei un compromesso, ma una scelta ragionata, discussa con operatori ed Enti locali. L’elemento chiave è il controllo: non è possibile verificare il possesso del green pass e garantire un servizio adeguato per spostamenti in autobus o metropolitana. I treni a lunga percorrenza, le navi e gli aerei hanno invece tempi diversi ed è possibile controllare i certificati dei viaggiatori. Inoltre, nei trasporti locali i tempi di permanenza a bordo sono considerevolmente minori. Resta il fatto che la vaccinazione è il miglior modo per ridurre la probabilità di essere contagiati.
Manca un mese alla ripartenza dopo le vacanze estive. Il lavoro per assicurare trasporti pubblici in sicurezza è completo?
Il governo ha la responsabilità di assicurare il finanziamento del trasporto pubblico e abbiamo erogato ingenti trasferimenti (oltre 600 milioni nella seconda parte dell’anno solo per servizi aggiuntivi) agli enti locali che hanno invece la responsabilità di gestirlo. È da aprile che discutiamo con loro di come preparare la ripresa delle attività anche in prospettiva dell’autunno. Direi che ci siamo: la capienza e i servizi offerti negli orari di punta sono già stati aumentati in media del 15-20%, il Comitato tecnico scientifico ha confermato il tasso di riempimento all’80% anche in fascia gialla. Dopo la riunione della conferenza Stato-Regioni abbiamo chiesto a tutti di fornirci informazioni sui loro piani entro il 23 agosto e alla luce di questi dialogheremo per capire se è necessario fare di più e diversamente. Poi ci sono i tavoli prefettizi con tutte le parti in causa per programmare le azioni necessarie per spostare gli orari, aumentare i servizi, ecc. provincia per provincia.
Le imprese con almeno 100 addetti sono chiamate a nominare i loro "mobility manager". Qual è precisamente il loro ruolo?
Abbiamo dato esecuzione a una norma di agosto 2020 che come membro della "commissione Colao" avevo suggerito al governo precedente. Questa operazione riguarda circa 6mila imprese in Comuni con oltre 50mila abitanti. I mobility manager hanno un ruolo fondamentale: devono studiare la situazione dei dipendenti e offrire le migliori soluzioni per la mobilità sostenibile. Oggi abbiamo la fortuna di avere alternative all’uso del mezzo proprio, penso ad esempio alla micro mobilità elettrica, con biciclette e monopattini, anche a noleggio. L’azienda può incentivarla per il miglior benessere di tutti, anche sfruttando l’opportunità dei 50 milioni di euro che abbiamo stanziato per chi fa piani di spostamento casa-lavoro orientati alla sostenibilità entro il 31 agosto. I mobility manager stanno diventando soggetti importanti nelle imprese e alle università giungono molte richieste di formazione per queste nuove figure professionali.
L’avvio dello studio di fattibilità per il Ponte sullo Stretto ha riaperto le polemiche sull’opportunità di questo progetto.
Serve fare chiarezza: lo studio di fattibilità non è l’avvio della progettazione, ma è l’analisi scientifica di tutti i fattori coinvolti dall’opera. Cioè aspetti ambientali, economici, sociali: occorre rispondere a una serie molto lunga di domande, identificate dal gruppo di lavoro del Ministero che ha studiato il tema. È uno studio molto impegnativo che affidiamo a Italferr, il soggetto migliore per valutare tutte le variabili. Senza questa valutazione non ha senso prendere posizione. Peraltro, noi ci siamo limitati a portare avanti quanto previsto dal precedente governo e richiesto dal Parlamento lo scorso giugno. Il gruppo di lavoro è arrivato alla conclusione di escludere l’ipotesi dei tunnel e limitare le opzioni al ponte a campata unica o a quello a più campate.
Nelle ultime settimane stiamo assistendo a un aumento degli sbarchi. C’è chi chiede di rivedere l’apertura dei porti. Qual è la linea del governo?
Credo che Guardia costiera e le altre forze coinvolte stiano facendo un lavoro straordinario per il salvataggio di vite umane, che non è una questione negoziabile. Ovviamente, il tema delle migrazioni è molto difficile e va affrontato anche a livello europeo. Draghi a giugno ha provato a mettere la tematica in agenda al vertice Ue ma altri Paesi hanno rinviato all’autunno, quando spero che la posizione italiana sia presa in seria considerazione da tutti gli altri Paesi.