martedì 14 dicembre 2021
Gli ultimi studi, da Pechino a Oxford, evidenziano una vulnerabilità da contagio non solo per i vaccinati con due dosi (dopo almeno 5 mesi) ma anche per chi ha già affrontato la malattia
L’alta contagiosità di Omicron rende più esposti pure i guariti
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Contro Omicron due dosi di vaccino non bastano ad evitare il contagio. E anche i guariti sono più “scoperti”. Sempre rispetto al contagio però. Visto che, ad oggi, i dati sulla nuova variante del Sars-CoV-2 non indicano una maggiore letalità, né una capacità di rendere più grave il Covid-19. Ma l’alta contagiosità non è un problema da derubricare rispetto alla patologia severa, a quella che richiede, cioè, il ricorso alla terapia intensiva. Perché se la variante prenderà piede aumenteranno le ospedalizzazioni – sia pur per una malattia che si spera meno grave –, e a quel punto potremmo andare incontro ad un nuovo “collasso sanitario”, tenuto conto anche della diffusione delle sindromi influenzali e parainfluenzali, e delle necessità dei malati che lottano contro altre patologie e che, per molti mesi, hanno già pagato un prezzo altissimo, in termini di servizi soppressi o rallentati.

Ma torniamo a coloro che hanno sconfitto il Covid. Secondo il National Institutes for food and drug control (Nifdc) di Pechino, i guariti della prima ondata sono più “scoperti”; la capacità degli anticorpi, sviluppati dopo l’infezione, di neutralizzare la nuova variante è 8 volte più bassa rispetto a quella riscontrata contro il virus originario. Lo studio, pubblicato su Emerging microbes & infection, ha verificato le difese di 28 pazienti, infettati con il ceppo originario di Sars-CoV-2. La perdita di efficacia contro Omicron è risultata essere di 8,4 volte, quella contro la Delta di 1,6 volte, contro la variante Alfa (la vecchia “inglese”) di 1,2 volte, contro la Beta (“sudafricana”) di 2,8, contro la Gamma (“brasiliana”) di 1,6. Mentre la capacità neutralizzante contro le varianti Lambda e Mu è risultata più bassa rispettivamente di 1,7 e 4,5 volte. I ricercatori avvertono che sono necessari altre analisi per comprendere a pieno il livello di protezione immunitaria conferito dalle precedenti infezioni, per esempio in chi ha incontrato una variante del coronavirus diversa da quello originario emerso a Wuhan. Tuttavia, «questo studio ha verificato la grande capacità di elusione immunitaria della variante Omicron», il che comporta «implicazioni importanti per la pianificazione della politiche di salute pubblica».

Una circostanza, quella sul rischio dei guariti, confermata anche dagli specialisti dell’Università di Oxford Omicron. Gli scienziati britannici hanno dimostrato una sostanziale diminuzione del livello di anticorpi neutralizzanti generati in risposta alla vaccinazione (senza richiamo) o all’infezione da Covid. «Sebbene non ci siano prove di un aumento del rischio di malattie gravi o di morte dovute al virus tra i vaccinati, dobbiamo rimanere cauti, poiché un numero maggiore di casi continuerà a rappresentare un onere considerevole per i sistemi sanitari», dice Matthew Snape, professore di pediatria e vaccinologia all’Università di Oxford, coautore dello studio. Questi dati, aggiunge, «sono una parte del quadro» perché parlano solo «degli anticorpi neutralizzanti dopo la seconda dose, ma non ci parlano dell’immunità cellulare». E «non abbiamo valutato l’impatto di un richiamo», che però «aumenta significativamente le concentrazioni di anticorpi» ed è «probabile porti a una maggiore potenza contro Omicron».

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