Denise ha voluto esserci. L’hanno fatta entrare per ultima, l’hanno nascosta nel corridoietto dietro l’emiciclo della Corte. Ma ha sentito quel «Condanna Carlo Cosco all’ergastolo». Una pena che lei ha voluto con tutta se stessa per rendere la giustizia che si può a Lea Garofalo, la mamma che proprio Carlo Cosco, il papà di Denise, ha ucciso e poi sciolta nell’acido. «Era commossa», ha detto don Luigi Ciotti il fondatore di “Libera” cui hanno consentito di starle vicino. «Dobbiamo inchinarci – ha detto il sacerdote – di fronte al coraggio di questa ragazza».Carlo Cosco che ha parlato e riso persino nella lunga attesa, alla fine ha taciuto. Non si è fatto mai interrogare, ma nell’ultimo giorno ha voluto dire la sua con protervia al pm Marcello Tatangelo, a quel «dottore laureato, che ha fatto solo polverone». Era solo preoccupato di respingere l’offesa, quella di essere un un vigliacco, il capo di una banda di «vigliacchi che si sono messi in sei contro una donna». Ergastolo, è stata anche per il pm, la risposta della Corte, la prima Assise penale, dei due giudici, dei sei giurati cui Cosco si era rivolto con un ammonitorio «Vi ringrazio di tutto e vi auguro una buona Pasqua anticipata». Ergastolo anche per i suoi fratelli, Giuseppe e Vito, che quella donna minuta e fragile (pesava solo 57 chili) hanno torturato per due giorni prima di ucciderla, prima di scioglierla nell’acido. Punizione orribile per quello che, nella loro mentalità, era l’affronto massimo: collaborare con la gisutizia, svelare i segreti della cosca fino ai retroscena di un omicidio. Ergastolo per Rosario Curcio e Sabatino Massaro, che la sequestrarono. Ergastolo per Carmine Venturino, che guidava il furgone sul quale la caricarono. È il più giovane, ha già patteggiato sei anni per un’aggressione, due tornate di botte terribili, sei mesi prima del delitto, per intimidire Lea Garofalo che viveva a Campobasso.Di Carmine, che ora 25 anni, avevano fatto in Calabria il fidanzatino di Denise. «Non è migliore degli altri», l’ha bollato il pm. La ragazza, dopo le accuse di Lea Garofalo alla cosca «è stata persino costretta a convivere con chi ha partecipato all’assassinio della madre» . Lei in aula non ha sprecato per lui neppure un cenno. È venuta due volte, ma solo per accusare il padre. Ha compiuto 20 anni a dicembre. Vive sotto protezione. La stessa che fu tolta alla madre dopo le accuse rivolte alla cosca, per un “grossolano errore” della Commissione ministeriale. Ora proteggono Denise, ma Lea Garofalo era sola, più indifesa di sempre, quando venne a Milano per stare un po’ con la figlia, chiamata dal padre con la lusinga di un regalo, una felpa. Viveva per lei, Lea, per riaverla. Le immagini, registrate da ignare telecamere, le mostrano come ragazze in giubbotti e jeans, Insieme per l’ultima volta la sera del 24 novembre 2009 sotto le luci gialle dell’Arco della Pace. Li si lasciarono. Lea accettò l’invito del dell’ex compagno a una cena che non c’è mai stata. Voleva parlare con l’ex compagno del futuro della ragazza. E certo sarebbe contenta di sapere che, proprio per lei, per la sua Denise, nella sentenza ci sono anche 200 mila euro di risarcimento. Una cifra simbolica, di fronte all’enormità perdita, ma forse tanto per Lea che ha vissuto solo 35 anni di miseria e vessazioni.