Quattrocentosessantatre, uno ogni due giorni. Sono i roghi di rifiuti pericolosi individuati dalle Forze dell’ordine negli ultimi due anni in provincia di Napoli: 159 roghi di pneumatici (75 solo nel 2012), 287 di materiale tessile e di pelletteria e 17 incendi di rifiuti connessi alle attività agricole (soprattutto plastica e polistirolo). Numeri probabilmente sottostimati (si tratta solo dei roghi nei quali le Forze dell’ordine sono intervenute, e solo nel Napoletano) ma che fanno ugualmente paura. Dati contenuti nella relazione sull’attività di controllo e intervento per il contrasto dei crimini ambientali resa nota ieri dalla Prefettura in occasione della firma del protocollo d’intesa sulla lotta allo sversamento illegale e ai roghi di rifiuti in provincia di Napoli, da parte di altri otto comuni che si aggiungono ai 17 che avevano già siglato l’impegno nei mesi scorsi.Numeri del dramma della “terra dei fuochi” a cui
Avvenire sta dando voce in questi mesi, e che finalmente si accompagnano anche a importanti risultati nel contrasto. Dall’ottobre 2010 allo scorso settembre sono state 155 le persone arrestate e 804 quelle denunciate in provincia per crimini ambientali legati allo smaltimento ed all’incendio di rifiuti speciali e pericolosi. Il bilancio parla anche di 4.089 persone identificate durante i controlli e di 3.610 contravvenzioni a veicoli per il trasporto illegale di rifiuti speciali. Risultati che, ha spiegato il prefetto De Martino, «evidenziano come la lotta da parte delle Forze dell’ordine al fenomeno si sia intensificata e stia raggiungendo degli ottimi risultati». I controlli sono cominciati in una prima fase sui gommisti, con l’identificazione di 14 esercizi commerciali senza autorizzazioni e cinque provvedimenti di natura fiscale che, ha aggiunto il prefetto, «risultano molto efficaci visto che fanno emergere le attività in nero e colpiscono fortemente le tasche di chi conduce queste attività». E l’economia illegale è una della cause principali dei roghi dei rifiuti. Così i controlli si sono allargati al tessile e alla pelletteria, all’agricoltura e all’edilizia. Un contrasto che, come ha spiegato il questore di Napoli Merolla, è stata più efficace anche grazie alla creazione «di gruppi di lavoro specifici presso i commissariati e le compagnie e le tenenze dei carabinieri che permettono quindi una attività capillare».Ora però la palla passa ai comuni, almeno ai 25 che hanno firmato il Protocollo. E il prefetto lo sottolinea spiegando che si tratta di una firma che prevede precisi impegni. «Abbiamo creato una responsabilizzazione diretta dei sindaci che mettendo la firma sul documento hanno accettato di metterci la faccia, combattendo il fenomeno, che stiamo riuscendo a contrastare con successo. In questo senso è prezioso anche il controllo sociale dei cittadini e per questo abbiamo allargato l’intesa anche alle associazioni ambientaliste con i loro volontari».Ma bisogna andare oltre, alla fonte stessa dei rifiuti. Lo ha spiegato bene il colonnello Marco Minicucci, comandante provinciale dei Carabinieri. «In Provincia di Napoli mancano società che smaltiscano in modo legale i rifiuti speciali. Sarebbe auspicabile – ha aggiunto – un incentivo da parte degli enti locali a giovani che vogliano aprire queste aziende per abbattere i costi dello smaltimento e aiutare la lotta agli sversamenti abusivi». Va in questo senso, come ha annunciato l’assessore all’ambiente della Provincia, Giuseppe Caliendo, l’iniziativa del Consorzio Ecopneus, per un intervento straordinario di smaltimento del cosiddetto "stock storico", cioé i circa 25milioni di pneumatici che, come ha denunciato
Avvenire, giacciono abbandonati in Campania, pronti all’uso nei roghi.
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