giovedì 3 febbraio 2011
Accolto il ricorso di Toscana, Emilia Romagna e Puglia. Il sottosegretario Saglia conferma l’impianto della legge messa a punto dal governo. Le imprese: adesso serve un chiarimento, dobbiamo capire dove saranno le nuove centrali.
COMMENTA E CONDIVIDI
Frenata della Consulta sull’energia nucleare. Sembra così complicarsi ancora la strada del ritorno dell’Italia all’atomo. Con la necessità, ora, di trovare un’intesa tra il Governo, dichiaratamente "pro", e molte Regioni (non solo di centrosinistra) dichiaratamente "contro". Dopo il via libera al referendum (spada di Damocle ben più pesante...), la Corte Costituzionale ha bocciato parte del decreto attuativo della legge sul nucleare, imponendo un «adeguato coinvolgimento» delle Regioni in cui si intende costruire una centrale. Un giudizio cui, da Nord a Sud, hanno plaudito i governatori, oltre alle opposizioni di centrosinistra e alle associazioni ambientaliste, ma che non impensierisce troppo il governo, visto che, secondo il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, che segue tutto il settore dell’energia, la sentenza conferma sostanzialmente l’impianto della legge.In realtà (vedi box a fianco) la Corte, pur difendendo i provvedimenti in materia, più volte aveva avvertito sulla necessità di trovare un’intesa sulla scelta nucleare. Avvertimenti evidentemente non ascoltati. Così alla prima occasione i giudici hanno calato la scure. Accogliendo le obiezioni sollevate in un ricorso di Toscana, Puglia ed Emilia Romagna, la Consulta ha in particolare dichiarato l’illegittimità dell’articolo 4 del decreto attuativo della legge delega nella parte in cui non prevede che la Regione, prima dell’intesa con la Conferenza unificata, possa esprimere il proprio parere sul rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio degli impianti nucleari.D’ora in avanti, in attuazione del principio di «leale collaborazione» tra centro e periferia dello Stato, sarà quindi necessario un parere obbligatorio, seppure non vincolante, della Regione interessata, distinto da quello degli altri enti territoriali espressi dalla Conferenza unificata. Insomma niente di insormontabile, almeno da una punto di vista tecnico-formale, ma il valore politico è evidente. Soprattutto per la possibilità di interdizione in mano ai governatori.Più che soddisfatti sono infatti proprio loro, a partire dal presidente della Puglia, Nichi Vendola, avversario dichiarato del nucleare. Questo governo, afferma, è «il più centralista della storia dell’Italia, sbandiera un federalismo che al momento odora più di secessione». Contro l’atomo si schiera anche Enrico Rossi, governatore della Toscana, che scommette più sulle rinnovabili che su «una tecnologia vecchia e rischiosa». Secondo il presidente dell’Emilia Romagna e della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, la Consulta indica la via «della concertazione e di un necessario coinvolgimento che fino a oggi è mancato. Mi auguro – ha commentato – che questa sentenza sia l’occasione per cambiare strada».Anche secondo Legambiente la Corte costituzionale dimostra che «la via decisionista non paga», e che «per realizzare qualsiasi infrastruttura è necessaria la condivisione con il territorio, a maggior ragione per impianti che condizionano lo sviluppo futuro dell’area che li ospiterà». Mentre preoccupate si dicono le imprese. «Sui siti – ha detto il presidente di Assoelettrica Giuliano Zuccoli – confidiamo che ci possa essere un chiarimento perché bisogna arrivare a capire dove dobbiamo collocare le centrali italiane, superando la sindrome Nimby», (not in my back yard, non nel mio giardino). Più ottimista è invece Saglia che sottolinea come il parere delle Regioni non sarà vincolante e come la Consulta abbia in realtà confermato che «l’impianto del decreto è valido» rigettando tutte le altre questioni sollevate. Il sottosegretario assicura infine che il governo punta ad «un dialogo costruttivo con gli enti locali» e non ad imporre il nucleare «manu militari».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: