sabato 30 novembre 2013
Quasi diecimila giocatori patologici hanno chiesto aiuto nel 2012 alle associazioni di base che si battono contro questa dilagante dipendenza. In un anno l’aumento delle richieste ha toccato il 23%. VAI AL DOSSIER
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Sono quasi 10 mila, il 23% in più dello scorso anno, le persone che negli ultimi dodici mesi hanno chiesto aiuto ai gruppi locali per liberarsi dai lacci del gioco d’azzardo. La conferma – parallela al boom che ha portato a 88,8 miliardi il volume annuale  d’affari della "bisca italica" – non ha frenato ieri a Trento l’impegno del Coordinamento nazionale Gruppi per Giocatori d’Azzardo (in sigla CoNaGGA). Al loro 14° convegno nazionale constatano infatti l’aumento del gioco patologico ma anche l’incremento continuo degli attuali 225 gruppi attivi in tutt’Italia: da Reggio Calabria a Bolzano. «Solo nell’ultimo anno abbiamo accolto 4.488 persone, il 20% in più rispetto allo scorso anno», ha riferito il presidente del CoNaGGA, Matteo Iori, osservando come i gruppi costituiscano  una risposta efficace al problema: «La metà dei giocatori esce definitivamente dal tunnel del gioco, un quarto dopo qualche ricaduta, un altro quarto si perde», è la stima di Stefano Bertoldi, pioniere dell’auto mutuo aiuto, che ha coordinato il confronto, vivacizzato da alcuni videoclip anti slot degli studenti trentini.Il CoNaGGA, che promuove la campagna "Mettiamoci in gioco" e vigila sulla "procedura d’urgenza" per l’attesa legge nazionale sull’azzardo, ha indicato la necessità di una rete sul territorio in collaborazione con gli enti pubblici: in certe regioni è  virtuosa (come in Lombardia con l’associazione And), in molte altre lacunosa perché la dipendenza da gioco patologico non è ancora riconosciuto fra i Lea, i livelli essenziali di assistenza. «Se lottiamo insieme come tanti piccoli Davide, Golia farà meno paura», è stato l’invito-slogan ripreso da Violetta Plotegher, fra i promotori in Trentino dell’Alleanza provinciale per la prevenzione del gioco patologico, che coordina enti come il Comune di Trento, l’associazione "Occhio al gioco", fondata dall’ex giocatore Marino Pederiva, e l’arcidiocesi: «Insieme dobbiamo creare comunità accoglienti – ha detto il parroco don Celestino Riz – per chi esce da questa dipendenza».Una fionda efficace contro il Golia della filiera dell’azzardo è la metodologia dell’auto mutuo aiuto, com’è emerso dallo scambio di esperienze: «Ora sono i servizi pubblici che ci inviano i loro pazienti», osservano Samuele Lampa e Mirella Bellesi, che nelle Marche coordinano i quattro gruppi dell’associazione Auto Mutuo Aiuto. «Prima ci occupavamo di altri disagi, ma dal 2008 su richiesta di un alcolista che "grattava", ci siamo rivolti al gioco. Negli incontri settimanali, seguiti da due facilitatori professionisti, si avverte quanto la crisi abbia influito sull’aumento del fenomeno, purtroppo favorito dalla diffusione dei locali sulla costa». Nella simile esperienza trentina – dove l’omonima A.M.A. conta già otto gruppi sul gioco (e 50 su altre patologie) – la guida è affidata ad un ex giocatore formato ad hoc. Come Renato Moscatelli, che vuole restituire al gruppo quanto ricevuto: «Creando un clima di rispetto e di ascolto, come facilitatore  cerco che ogni persona trovi prima o poi il coraggio di "sbroccare", di tirar fuori il suo problema e accettare di parlarne». In alcuni gruppi sono presenti anche i familiari, in altri si trovano separatamente dai loro malati. A Verona, dove dai primi anni Novanta opera lo storico "Self Help", fra i quattro gruppi guidati da professionisti uno è riservato ai soli famigliari. Conferma il facilitatore Ernesto Guerriero: «Se c’è una persona dipendente dal gioco, tutta la famiglia è coinvolta. Non per colpevolizzare, ma per dire che c’è bisogno della disponibilità e del contributo di tutti».
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