venerdì 28 giugno 2024
Fa discutere un articolo pubblicato sulla diffusa e di solito autorevole rivista online “Aeon” con il titolo «There was no Jesus». Il dibattito però non ha senso d'esistere: ecco le ragioni
Caravaggio, Incredulità di San Tommaso (1600-1601)

Caravaggio, Incredulità di San Tommaso (1600-1601)

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Avere dubbi può fare bene. Spinge a interrogarsi su se stessi, invita ad andare alle radici della propria identità, promuove il dialogo. Altre volte studi al limite della provocazione forniscono lo spunto per precisare meglio le nostre convinzioni e dare loro basi più solide e meno scontate. È il caso di un articolo pubblicato sulla diffusa e di solito autorevole rivista online Aeon con il titolo “There was no Jesus” che in italiano, nella traduzione uscita su Internazionale diventa “La leggenda di Gesù”. Nel testo l’autore, il giornalista e saggista britannico Gavin Evans, figlio di un vescovo anglicano di origine ebraica, ma malgrado questo approdato all’ateismo, mette in fila gli autori che sostengono l’idea di un Gesù mitico, dando spazio agli argomenti contrari alla sua storicità.

«In realtà – spiega Adriano Virgili, storico e filosofo delle religioni, autore del fortunato Sulle tracce del Nazareno. Introduzione al Gesù storico (Phronesis) - non c’è attualmente nessuno specialista con un posto di rilievo nel dibattito accademico attorno al Gesù storico che sostenga come valida l’ipotesi della sua inesistenza. Ci sono anzi autori notoriamente atei o agnostici, come Ehrman, Casey e Bermejo Rubio che hanno dedicato interi volumi all’impresa di smentire questa ipotesi che sta alla ricerca storica come il terrapiattismo all’astronomia».

Tra le ragioni che vorrebbero confutare l’esistenza di Gesù, l’esilità dei riferimenti storici sulla sua vita. Ne parlano solo, e brevemente, osserva Evans, Plinio il giovane, Tacito e Flavio Giuseppe. «Non è vero che Gesù non venga menzionato in nessuna fonte antica – aggiunge Virgili –. Data la natura marginale del Nazareno come figura storica nel più ampio contesto dell’Impero romano, questi viene menzionato invece nell’unica fonte antica in cui ci si potesse aspettare che lo fosse, cioè le Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe, che lo ricorda in due distinti passaggi. A questo proposito è vero che il più ricco dei due, il cosiddetto Testimonium Flavianum ci è giunto interpolato da alcune parole di sapore certamente cristiano, ma oggi nessuno specialista dubita della sua sostanziale originalità. Né gode di alcuna plausibilità scientifica l’idea secondo cui questo breve brano sarebbe opera di Eusebio di Cesarea».

Eppure, lo stesso san Paolo, osserva l’articolo, nelle sue Lettere parla poco di Gesù non dicendo quasi nulla della sua vita. «C’è da considerare che le sue epistole sono risposte a specifiche esigenze di carattere teologico e pastorale indirizzate a persone già evangelizzate, che quindi sapevano benissimo chi fosse Gesù di Nazaret. Di passaggio, però, Paolo accenna più volte ad alcuni particolari. Nota, ad esempio, che Gesù discendeva da Davide (Romani 1,3), che viveva sotto la legge (Galati 4,4), che viveva in relativa povertà (2 Corinzi 8,9), che scelse dodici discepoli speciali (1 Corinzi 15,5), che lasciò degli insegnamenti su questioni come il matrimonio e il divorzio (1 Corinzi 7,10), che nella notte in cui fu tradito compì quei gesti che i cristiani ripetono durante la celebrazione dell’Eucaristia (1 Corinzi 11,23 e seguenti), che fu crocifisso e sepolto (1 Corinzi 15,4). Paolo allude anche all'abitudine di Gesù di rivolgersi a Dio intimamente con il termine aramaico Abbà (”Padre”; Galati 4,6; Romani 8,15). Quindi sembrerebbe che l’apostolo, che scrive ad una ventina di anni dai fatti, fosse non solo persuaso che Gesù fosse un personaggio storico, ma disponesse anche di parecchie informazioni a suo riguardo».

Un’ulteriore obiezione riguarda l’altra fonte fondamentale, cioè i Vangeli innanzitutto per la loro datazione: il primo, quello di Marco, fu scritto tra il 33 e il 70, l’ultimo, quello di Giovanni attorno all’anno 100. «È vero che, per la maggior parte degli studiosi, i vangeli canonici risalgono all’ultimo quarto del I secolo – risponde Virgili -, ma questo li rende assai più prossimi ai fatti di quanto non siano mediamente le fonti in relazione a quanto raccontano. Spesso tra un personaggio storico e le fonti più antiche che ne tramandano la memoria (si pensi ad Alessandro Magno o ad Annibale) passano dei secoli, eppure nessuno mette in dubbio quanto ci dicono solo per questo motivo. Circa i criteri di storicità, oggi gli specialisti del Gesù storico ne fanno un uso assai più parsimonioso ed oculato che in passato, tenendo in considerazione il fatto che, per esempio, i sinottici, in molte occasioni, non possono essere considerati fonti indipendenti».

C’è poi la questione della fonte Q. Cioè i Vangeli sinottici sarebbero così simili perché avrebbero copiato l’uno dall’altro o da un’altra fonte comune. La Q appunto. «Si tratta soltanto di un’ipotesi, ma che continua ad andare per la maggiore e che, appunto, fa sì che quando Matteo e Luca ci narrano uno stesso fatto non vengono considerati due fonti distinte, ma varianti di un’unica tradizione (quella appunto raccolta dalla fonte Q). I criteri di storicità (tra cui c’è quello dell’imbarazzo, ma ci sono anche quelli della discontinuità, del rifiuto, della coerenza, ecc.) vengono applicati dagli studiosi in modo tutt’altro che meccanico e ingenuo, e sono solo alcuni dei tanti strumenti di cui questi si avvalgono nel cercare di ricostruire un ritratto complessivo della figura di Gesù». L’articolo di Evans che, ripetiamo, dà voce a chi sostiene che Gesù non sia esistito davvero cita inoltre la ricerca portata avanti dal gruppo Jesus Seminar fondato nel 1985 dall’ex cattolico Bob Funk. «Si tratta di un qualcosa tutt’altro che rappresentativo dell’attuale ricerca del Gesù storico e il cui lavoro, per solidissime ragioni, è stato in gran parte ignorato dalla discussione accademica».

Intanto sui social spopola lo storico canadese Richard Carrier sostenitore dell’idea che Gesù sia una figura mitica storicizzata. «Un non-senso. Si sostiene che Gesù fosse all’inizio concepito come un essere mitico per poi essere trasformato in una figura storica. Si chiamano in ballo a questo proposito i culti misterici, le cui divinità avrebbero subito uno stesso processo. Peccato che non ci sia nessuna divinità misterica di cui, con l’andare del tempo, si sia poi preteso che fosse un personaggio storico. In più a Gesù sarebbe capitato l’esatto contrario di quello che testimoniano le fonti che lo riguardano: basta fare un confronto tra il Gesù dei più antichi Vangeli sinottici e il Gesù del più recente Vangelo secondo Giovanni per notare come in quest’ultimo l’esaltazione divina di Cristo sia affermata in modo assai più deciso di quanto non fosse stato fatto in precedenza. Oggi come oggi, la maggior parte degli specialisti ha fatto invece propria l’ipotesi dello studioso inglese Richard Burridge secondo cui i Vangeli canonici sono da rubricare sotto il genere letterario del “bios” ellenistico. Di conseguenza vi si trovano diversi passaggi di sapore midrashico e diversi teologumeni (ipotesi teologiche riportate come fatti storici, ndr) atti a far passare un messaggio di tipo spirituale, ma è altresì unanime la convinzione tra gli studiosi che questi testi (in quanto appunto “vite” di Gesù) ci restituiscano anche molti particolari storicamente attendibili attorno al loro protagonista».

Tra le fonti più accreditate del “mito di Cristo” c’è, scrive Evans, l’Ascensione di Isaia, scritta tra il primo e secondo secolo, in cui si parla di un Gesù non umano che attraversa sette cieli per essere crocifisso da Satana e i suoi arconti demoniaci e poi risorgere. «Trattandosi di un testo apocalittico che nella versione giunta fino a noi è certamente un rimaneggiamento cristiano, non c’è motivo di supporre che questo possa dirci qualcosa su una presunta genesi del “mito” di Gesù. Carrier non è uno specialista delle origini cristiane, ma un dilettante allo sbaraglio che porta avanti una tesi senza né capo né coda. In realtà, oggi c’è un consenso praticamente unanime tra gli studiosi sul fatto che non solo Gesù di Nazaret sia certamente un personaggio storico, ma che anche i tratti essenziali della sua vicenda terrena così come riportati nel Nuovo Testamento siano virtualmente certi. Non c’è praticamente dubbio, per esempio, sul fatto che questi fosse un galileo, che predicasse l’avvento del regno di Dio, che avesse fama di compiere miracoli ed esorcismi, che avesse un seguito di discepoli, eccetera, fino alla sua morte sulla croce su ordine del prefetto romano di Giudea dietro denuncia delle autorità giudaiche di Gerusalemme».

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