Sono già 10mila gli abbinamenti effettuati dai tribunali tra gli under 18 arrivati in Italia e questa nuova figura di volontari. «Chi si assume questo impegno gratuito lo fa come scelta di cittadinanza attiva» - Ansa
Sono poco meno di 10.000 – per la precisione 9.923 – gli abbinamenti effettuati dai tribunali tra minori stranieri non accompagnati e tutori volontari; con un tasso di rinuncia prossimo allo zero. È la fotografia scattata dal terzo 'Rapporto di monitoraggio sul sistema della tutela volontaria' dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, realizzato nell’ambito di un progetto finanziato con le risorse europee del Fondo asilo, migrazione e integrazione. Quella del tutore volontario è una figura istituita dalla legge 47/2017 ('legge Zampa') che si pone come punto di riferimento e sostegno per quei ragazzi e ragazze che arrivano in Italia al termine di un lungo, e spesso doloroso, percorso migratorio che hanno affrontato in totale solitudine.
Una figura che ha, tra i suoi compiti fondamentali, quelli di favorire la crescita del ragazzo nella società e vigilare sulla tutela dei suoi diritti. Il rapporto censisce, al 31 dicembre 2020, 3.469 tutori volontari iscritti negli elenchi istituiti nei tribunali per i minorenni, in crescita rispetto ai 2.965 di giugno 2019. Roma è la città in cui il numero di tutori è più elevato (431), seguita da Torino (381), Milano (299) e Palermo (241).
Tre tutori volontari su quattro sono donne (con un picco dell’89% tra quelli registrati al tribunale di Napoli), la maggior parte ha più di 45 anni, con ben quattro su cinque nella fascia 46-60 anni; meno del 10% ha un’età compresa tra i 25 e i 35 anni. «Quello del tutore volontario è un impegno importante. È gratuito. E i volontari non solo non hanno nessun rimborso, ma hanno degli oneri economici da affrontare e, nel caso dei lavoratori, non possono godere dei permessi – sottolinea Liviana Marelli coordinatrice dell’area infanzia, adolescenza e famiglia del Cnca –. La maggior parte dei tutori che abbiamo incontrato sono persone che hanno scelto di prendersi questo impegno come scelta di cittadinanza attiva». L’avvio di questo istituto ha registrato una serie di ritardi e difficoltà, ma guardando alla strada percorsa, Liviana Marelli traccia un bilancio positivo: «Siamo partiti un po’ nel deserto, ma grazie al contributo di tutti, abbiamo fatto un percorso importante».
Sempre secondo i dati del rapporto dell’Autorità garante per l’infanzia, tra luglio 2019 e il 31 dicembre 2020 sono state avviate 7.151 tutele. Di queste, a fine 2020, più della metà erano ancora attive: la maggior parte dei ragazzi (il 60,7%) ha già compiuto i 17 anni ed è prossima alla maggiore età, il 23% ha 16 anni e il 16% è distribuito in una classe d’età che va dai 10 ai 15 anni. I principali Paesi di provenienza dei minori affidati a un tutore volontario sono Afghanistan e Bangladesh (ciascuno con il 19% del totale), Pakistan (14%), Kosovo e Guinea (12%). Il fatto che molti di questi ragazzi inizino il proprio percorso quando sono ormai prossimi alla maggiore età pone una serie di sfide e criticità al lavoro dei tutori volontari.
«Con alcuni di loro stiamo iniziando a ragionare sulla figura di un 'tutore sociale' che, svincolato dalla relazione giuridica, possa continuare a rappresentare un punto di riferimento per questi giovani migranti », spiega la referente di Cnca.
I numeri del Rapporto del Garante per l’infanzia
9.923
Sono i minori stranieri non accompagnati sostenuti dai tutori volontari
3.469
I tutori iscritti negli elenchi dei tribunali per i minorenni, al 31 dicembre 2020
19%
Sono i minori afghani e bengalesi, con quote uguali, i gruppi di minori più aiutati
Marelli guarda avanti e indica tre ambiti in cui agire per dare maggiore solidità all’istituto del tutore volontario e migliorare il funzionamento di questo strumento. «Credo vadano approfonditi ulteriormente i percorsi di formazione, dando rilevanza non solo ai temi giuridici: occorrono competenze sul piano educativo e sociale per sviluppare uno sguardo olistico», spiega. Il secondo tema è quello dell’abbinamento: la fase in cui il tribunale dei minorenni assegna a ciascun ragazzo un tutore. «Occorre presidiare meglio questa fase – puntualizza – garantendo tempi più rapidi per evitare che i tutori restino in attesa per mesi. Occorre poi agire per evitare che l’abbinamento sia un po’ meno legato a criteri puramente oggettivi, come la residenza o la data di arrivo della domanda. Ma abbia una maggiore attenzione all’appropriatezza». Ultimo, ma non meno importante, il lavoro di rete per non lasciare solo il tutore nel suo compito e favorire una maggiore capacità di collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti.