mercoledì 28 aprile 2021
Il naufragio e le 130 persone morte alcuni giorni fa sono «una tragedia europea», ha detto la commissaria Johansson. Bruxelles respinge però le accuse contro Frontex
Ylva Johansson, commissaria europea per gli Affari interni e la Migrazione

Ylva Johansson, commissaria europea per gli Affari interni e la Migrazione - Reuters

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Una «tragedia europea». Ylva Johansson definisce così la morte di 130 persone su un barcone nel Mediterraneo pochi giorni fa. La commissaria europea per gli Affari interni e la Migrazione lo fa nel giorno in cui presenta insieme al vice presidente della Commissione Margaritis Schinas una nuova strategia per i rimpatri volontari e la reintegrazione nei Paesi di origine.

«La scorsa settimana – esordisce in conferenza stampa la svedese – 130 donne, uomini, bambini hanno vissuto un incubo che è finito in totale tragedia», che «si è conclusa con 130 vite perdute. È una tragedia europea».

L’occasione per un ennesimo appello agli Stati membri a trovare un accordo sul Patto sulla migrazione presentato a settembre dalla Commissione e immediatamente arenatosi per i veti incrociati degli Stati. «Dobbiamo fare di tutto per salvare le vite — dice Johansson — per questo abbiamo bisogno del Patto», in modo da «evitare che i migranti imbocchino un cammino pericolosissimo».

Le vie tracciate a settembre, lo ricordiamo, prevedono un miglior controllo delle frontiere esterne, con meccanismi di solidarietà per i Paesi in prima linea (è su questo il principale blocco), canali legali per migrare nell’Ue, lotta ai trafficanti e sostegno ai Paesi di origine e di transito e rimpatri. Schinas ha rivendicato che il Patto prevede anche operazioni di ricerca e salvataggio, sostanzialmente sparite a livello Ue da quando è stata chiusa l’operazione Sophia.

I due commissari hanno respinto le accuse contro Frontex, l’agenzia delle frontiere esterne Ue. «Basta con questi continui attacchi all’agenzia» taglia corto Schinas. «L’agenzia ha fatto un’indagine interna – dice Johansson – e ha visto che non era implicata», anche se la commissaria ammette che «ci sono dei problemi (nell’agenzia, ndr), li stiamo affrontando e li risolveremo».

Rimane che Frontex per la Commissione è cruciale sia nell’aiutare gli Stati membri a controllare e gestire le frontiere esterne, sia nei rimpatri, il mandato dell’agenzia è stato già rafforzato in questo senso, con ad esempio l’organizzazione di voli collettivi da vari Stati Ue.

Proprio i rimpatri sono sempre più al centro dell’attenzione di Bruxelles, e uno dei pochi temi che trova i Ventisette d’accordo.

Eppure su questo fronte l’Ue registra, dice Schinas, «un fallimento»: nel 2019, 500.000 persone sono state oggetto di provvedimento di espulsione, ma di queste «solo 142.000 sono state effettivamente rimpatriate». Le ragioni sono molteplici: la difficoltà poste dai Paesi di origine, quelle interne organizzative degli Stati Ue e infine la logistica.

La proposta di ieri punta a incrementare i ritorni volontari (sulla stessa linea lavora anche il Parlamento Europeo), che invece per ora costituiscono appena un terzo del totale. Schinas parla di un «nuovo ecosistema sui rimpatri, aumentando la cooperazione con i Paesi terzi in materia di riammissione, migliorando il nostro quadro di governance, attrezzando Frontex con un nuovo mandato, e un nuovo Coordinatore dei rimpatri dell’Ue».

E «la strategia di rimpatrio volontario e di reinserimento è un altro tassello di questo puzzle. I rimpatri sono più efficaci quando sono volontari e includono autentiche opportunità di reinserimento per coloro che ne sono soggetti».

Sono anche più economici: secondo uno studio del Parlamento Europeo costano 560 euro contro i 3.414 di quelli forzosi. Cruciale sarà anche un più intenso sostegno ai Paesi di origine per favorire una piena reintegrazione in patria.


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