Centinaia di migranti sono stati fati spare dopo essere stati catturati dalle autorità libiche a partire da gennaio. Dove sono stati imprigionati? A chi sono stati venduti? Sono tutti ancora in vita? La denuncia sui desaparecidos del Mediterraneo formulata dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) conferma il quadrodi un Paese fuori controllo, in balia di clam e milizie mafiose, nel quale tutto il denaro stanziato da Italia e Europa non è mai servito a migliorare davvero le condizioni degli esseri umani.
“Secondo recenti dati governativi, circa 1.500 persone sono attualmente detenute in 11 centri della "Direzione per la lotta contro l'immigrazione illegale" libico (DCIM), alcuni da molti anni. Si tratta del numero più basso registrato da ottobre 2019”, nota l’Oim in una nota. Tuttavia, nel 2020 almeno 3.200 uomini, donne e bambini a bordo di imbarcazioni dirette in Europa sono stati intercettati dalla cosiddetta guardia costiera libica “e riportati indietro, in un Paese in cui ancora si combatte. La maggior parte finisce in strutture adibite ad attività investigative o in centri di detenzione non ufficiali. L'OIM non ha accesso a questi centri”.
Per questa ragione l’organizzazione dell’Onu “esprime grave preoccupazione per la sorte di centinaia di migranti che quest'anno la Guardia Costiera libica ha riportato a terra e dei quali non si hanno più notizie”.
Il governo di Tripoli non risponde più neanche alle Nazioni Unite. “Nonostante le molteplici richieste, le autorità libiche non hanno fornito alcuna informazione - denuncia l’Oim - su dove si trovino con esattezza queste persone o perché siano state portate in strutture di detenzione non ufficiali”. Un’accusa, quest’ultima, che conferma le inchieste giornalistiche e le investigazioni degli esperti Onu, secondo cui esponenti delle forze armate e della polizia libica, collegati ai vari clan, sono implicati nella “cessione” e alla “vendita” di migranti ai trafficanti, che poi altro non sono che gli stessi clan costituiti in milizie.
"La mancanza di chiarezza sulla sorte di queste persone scomparse è una delle preoccupazioni più gravi", ha detto una portavoce dell'Oim, Safa Msehli. "Siamo a conoscenza di molte testimonianze di abusi che si verificano all'interno dei sistemi di detenzione formali e informali in Libia".
Numerose testimonianze, che per l’Onu “sono considerate credibili, da parte di comunità di migranti in contatto con l'Oim sostengono che i detenuti vengono consegnati ai trafficanti e torturati nel tentativo di estorcere denaro alle loro famiglie, abusi che sono stati ampiamente documentati in passato dai media e dalle agenzie dell'Onu”.
Solo nell'ultima settimana, almeno 800 persone sono partite dalla Libia nel tentativo di raggiungere l'Europa. Quasi 400 sono state riportate in Libia e, dopo operazioni di sbarco ritardate a lungo a causa della situazione di scarsa sicurezza a terra, “sono state poi mandate in detenzione. Almeno 200 di loro sono finiti in centri non ufficiali e risultano non più rintracciabili”.
Molti di coloro che hanno raggiunto le acque internazionali e la zona di ricerca e soccorso maltese sono rimasti bloccati per giorni, senza essere soccorsi. Per questa ragione “l'Oim chiede al governo libico di chiarire che fine abbiano fatto tutti coloro di cui non si ha più notizia e di porre fine alla detenzione arbitraria”.
L’Europa, però, non può chiamarsi fuori. Da qui l’appello all'Ue “affinché si stabilisca con urgenza un meccanismo di sbarco chiaro e rapido per porre fine al ritorno coatto dei migranti in Libia”. E il Covid-19 “non deve essere una scusa per non ottemperare a diritti internazionali duramente conquistati e a quegli obblighi che gli Stati hanno nei confronti delle persone vulnerabili”.