sabato 6 maggio 2023
In un'intervista al "Corriere della Sera" rivela di avere un carcinoma renale in stadio avanzato
Michela Murgia: "Ho un tumore mi restano pochi mesi di vita"

Ansa

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Michela Murgia ha annunciato in un’intervista al “Corriere della Sera” di avere un “carcinoma renale al quarto stadio". Una diagnosi che la scrittrice racconta nel nuovo romanzo Tre ciotole. Rispetto alla malattia Murgia ha detto di non volere usare metafore belliche: "Mi sto curando con un'immunoterapia a base di biofarmaci. Non attacca la malattia; stimola la risposta del sistema immunitario. L'obiettivo non è sradicare il male, è tardi, ma guadagnare tempo. Mesi, forse molti. Operarsi non avrebbe senso. Le metastasi sono già ai polmoni, alle ossa, al cervello".

“Il cancro non è una cosa che ho, è una cosa che sono”, spiega la scrittrice sarda, “è un complice della mia complessità, non un nemico da distruggere. Non posso, non voglio fare guerra al mio corpo, a me stessa. Il tumore è uno dei prezzi che puoi pagare per essere speciale. Non lo chiamerei mai il maledetto, o l’alieno”.

Murgia traccia un bilancio senza rimpianti: "Ho cinquant'anni, ma ho vissuto dieci vite. Ho fatto cose che la stragrande maggioranza delle persone non fa in una vita intera. Cose che non sapevo neppure di desiderare. Ho ricordi preziosi". Molte vite alle spalle, come spiega lei stessa (tra cui anche insegnante di religione).

Da tempo esposta su posizioni radicali su molti temi, dalla politica all’identità di genere (si pensi al recente pamphlet "God save the queer") Michela Murgia è anche molto esplicita su come prepara il tempo che viene: "Il dolore non si può cancellare; il trauma sì. Si può gestire. Hai bisogno di tempo per abituare te stessa e le persone a te vicine al transito. Un tempo per pensare come salutare chi ami, e come vorresti che ti salutasse. Io non sono sola. Ho dieci persone. La mia queer family", prosegue.

"Ho comprato casa, con dieci posti letto, dove stare tutti insieme; mi è spiaciuto solo che mi abbiano negato il mutuo in quanto malata. Ho fatto tutto quello che volevo. E ora mi sposo. Con un uomo, ma poteva anche essere una donna". Ed è molto chiara anche sulla questione fine vita (il suo romanzo più noto, "Accabadora", è sull’eutanasia): “Posso sopportare molto dolore, ma non di non essere presente a me stessa. Chi mi vuole bene sa cosa deve fare. Sono sempre stata vicina ai radicali, a Marco Cappato”.

Alla domanda se crede ancora in Dio risponde “Certo. L’ho pregato e lo prego di far accettare alle persone che mi amano quello che accadrà”. E immagina l’Aldilà “non un luogo, ma uno stato sentimentale. Dio è una relazione. Non penso che la vita dopo la morte sia tanto diversa. Vivrò relazioni non molto differenti da quelle che vivo qui, dove la comunione è fortissima. Nell’Aldilà sarà una comunione fortissima, senza intervalli”.

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