«Il governo tedesco è consapevole dell’ambizioso progetto di riforme del governo italiano». Per qualche secondo Matteo Renzi riflette in silenzio sulle dodici parole di Steffen Seiberg, il portavoce di Angela Merkel, che alle 11 e 50 rimbalzano da Berlino. Un sorriso compiaciuto 'taglia' il volto del premier. «Ambizioso. Un termine non casuale: l’Italia vuole fare riforme che restano. Riforme vere. Non operazioni elettoralistiche. Non misure una tantum». Una pausa leggera, poi quel ragionamento va avanti lungo un corridoio del Quirinale dove Giorgio Napolitano ha chiamato mezzo governo per fare il punto in vista del Consiglio europeo di giovedì prossimo. «L’Europa ci ascolterà, troveremo le porte aperte », ripete sottovoce Renzi. Poi senza cambiare tono aggiunge: «È l’Europa che ha bisogno di noi, non il contrario. Lo dico con rispetto, ma anche con la consapevolezza che quello che diamo all’Unione è più di quello che riceviamo indietro ». Dietro le parole del capo del governo prende forma una strategia pensata con un obiettivo preciso: ottenere flessibilità, convincere prima Berlino e poi la Ue che l’Italia per ripartire ha bisogno di più margine sull’indebitamento. Nel pranzo al Quirinale l’unico vero tema sembra il dramma Russia-Ucraina e le possibili ripercussioni sulla stabilità della Ue. Il confronto economico vero va in scena in un secondo momento quando con Giorgio Napolitano restano il presidente del Consiglio e il ministro dell’Economia. Il capo dello Stato è con Renzi, ma invita a usare la massima attenzione alla «soglia invalicabile» del 3 per cento. «Sono con te, ma mi raccomando: niente azzardi ». Il premier annuisce: «Rispetteremo i patti, ma i soldi ci sono e vanno fatti frut- tare, vanno investiti strategicamente». Non va oltre Renzi, ma premier-Colle-Tesoro hanno un piano comune: esiste una terza via tra l’austerity e lo sforamento dei conti. Insomma, ora dopo ora, cresce la fiducia nel fatto che quei decimali che separano l’attuale 2,6 dal tetto del 3 per cento (alla fine sarebbero 6,4 miliardi) potranno, anzi dovranno, essere utilizzati. A via XX settembre, nella roccaforte dell’Economia, sono tutti concentrati sul taglio delle spese (l’oramai nota a tutti spending review). «Si deciderà solo in un secondo momento - ragiona il ministro Padoan con i collaboratori più stretti se utilizzare uno 0,1 o uno 0,3». Ma una cosa è chiara a tutti: il «cuneo fiscale non si finanzia con il deficit». Questo l’Europa non lo consentirebbe mai e questo Renzi non vuole farlo.La grande partita Italia-Ue sta per entrare nel vivo. Oggi Renzi vedrà Hollande, lunedì volerà a Berlino, giovedì e venerdì sarà a Bruxelles per il consiglio europeo. Si parte insomma da Parigi. Italia e Francia – spiegano fonti diplomatiche – sono in situazioni molto simili, devono rispettare i conti ma senza creare attriti sociali. Cercheranno di affinare l’intesa e forte di questa faranno pressione sulla Germania: rigore sì ma a lungo termine, sul breve bisogna tenere conto delle emergenza dei Paesi. L’asse Parigi-Roma è forte. «Sull’agenda europea soprattutto economica, per i giovani e la crescita l’Italia ci troverà al suo fianco nel semestre di presidenza Ue», assicura il ministro francese per gli Affari europei, Thierry Repentin. È una marcia forzata per far passare la linea dell’Italia. Oggi Hollande, il 20 marzo, proprio prima del vertice dei capi di Stato e di governo della Ue (che potrebbe trasformarsi in una nuova riunione fiume sull’Ucraina), il 'faccia a faccia' con il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso. Ma è il vertice di Berlino quello che conta di più. Renzi lunedì sarà da Angela Merkel per portare a casa un prima via libera alla richiesta di flessibilità. «Ci ascolterà e capirà. Noi ci presenteremo con un pacchetto di riforme che non si vedono da anni. La nostra non sarà una richiesta di clemenza, ma spiegheremo con decisione che il lavoro fatto da Letta ci consente di investire. È così: quel risparmio dovrà essere utilizzato per crescere e alla fine credo che sarà così».
© Riproduzione riservata