Si muove in sintonia con Giorgio Napolitano, che chiede riforme senza indugi. Ma soprattutto si muove Matteo Renzi, per non perdere tempo, neppure nella pausa natalizia. E prima ancora di incontrarsi con il premier per mettere a punto il piano d’attacco con il quale comunque il segretario del Pd non intende dare tregua al governo, il leader democratico scrive a tutti i segretari di maggioranza e opposizione per chiudere sulla riforma elettorale. Tempi certi, ma modelli a scelta. Da Firenze, il sindaco manda tre proposte ad alleati e avversari, per un confronto aperto, «nell’interesse dell’Italia e non del Pd». E riceve subito le prime risposte: un sì al sindaco d’Italia da Alfano, un "vediamo le carte" da Berlusconi, che però incalza sull’
election day, e un no da Grillo, che non apprezza il Mattarellum modificato, ma lo reinserirebbe senza cambiarlo per tornare subito al voto. Per il leader democratico è il calendario che conta. E l’agenda comincia a riempirsi di appuntamenti, tra Parlamento, Palazzo Chigi e Palazzo Vecchio, per vertici bilaterali tra segretari, summit di partito e soprattutto per il faccia a faccia con il premier.Nel "cronoprogramma" che Enrico Letta vuole concordare con il suo alleato numero uno, però, il segretario pd intende inserire anche un poderoso e ambizioso piano economico (che va oltre la proposta di Ichino, salva i cardini della sinistra e tiene conto della mancanza di risorse), ma anche una modifica della Bossi-Fini, un piano per la cooperazione, una modifica della custodia cautelare e soprattutto l’irrinunciabile - per Renzi - riconoscimento delle coppie gay. Un tema su cui il leader pd ha già messo al lavoro una squadra, per arrivare ad un modello inglese o tedesco, che esclude le adozioni, ma si avvicina alle garanzie del matrimonio anche per gli omosessuali. Su questo il segretario democratico non transige ed è pronto a sfidare le resistenze di Letta e della maggioranza.Le aperture sulla legge elettorale, invece, sembrano portare a una convergenza con l’Ncd, anche se l’idea di partenza è quella di «togliere alibi a tutti», evitando le «stanche liturgie» politiche, senza «aspettare i tavoli e le riunioni di coalizione». Un metodo su cui il sindaco intende mantenere il fiato sul collo dell’esecutivo. Di qui le tre proposte. Il modello spagnolo, il Mattarellum rinforzato e il suo amato modello del doppio turno di coalizione dei sindaci.In tutti e tre i casi, comunque, la riforma dovrà essere accompagnata da una modifica costituzionale, dovendo eliminare il bicameralismo perfetto. E però, per Renzi questo non deve comportare motivo di perdita di tempo. «La
dead line è un testo alla Camera entro fine gennaio e poi in aula la prima settimana di febbraio». Insomma, l’esecutivo può scavallare il semestre Ue, ma la legge elettorale deve essere fatta. Per questo il pool di esperti renziani sta studiando una «clausola di salvaguardia» per far sì che la riforma possa essere applicata con o senza il nuovo Senato delle autonomie. Su questo Renzi sfida apertamente Beppe Grillo: «Se vuole tagliare i costi della politica faccia la riforma del Senato con noi, così spariscono le indennità visto che i senatori non sarebbero eletti, ma sarebbero i singoli sindaci e governatori a sedere su quegli scranni. Grillo su tante cose sta rinunciando ad avere un confronto».Ci sta a sedersi al tavolo Angelino Alfano: «Siamo coerenti con quanto detto, siamo pronti al lavoro sulla legge elettorale sul modello dei sindaci».