giovedì 25 gennaio 2018
Il presidente della Repubblica: «Sbagliato dire che il fascismo ebbe alcuni meriti. L'articolo 3 della Costituzione rappresenta un monito contro le discriminazioni»
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con la neosenatrice a vita Liliana Segre

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con la neosenatrice a vita Liliana Segre

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«Le leggi razziali - che, oggi, molti studiosi preferiscono chiamare "leggi razziste" - rappresentano un capitolo buio, una macchia indelebile, una pagina infamante della nostra storia». Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, celebrando al Quirinale la Giornata della Memoria. «Le misure persecutorie messe in atto con le leggi razziali del 1938, la schedatura e la concentrazione nei campi di lavoro - ha spiegato il capo dello Stato - favorirono enormemente l'ignobile lavoro dei carnefici delle SS. Ideate e scritte di pugno da Mussolini, trovarono a tutti i livelli delle istituzioni, della politica, della cultura e della società italiana connivenze, complicità, turpi convenienze, indifferenza. Quella stessa indifferenza, come ha sovente sottolineato la senatrice Segre, che rappresenta l'atteggiamento più insidioso e gravido di pericoli».

La manifestazione, condotta dagli attori Remo Girone e Victoria Zinny, è stata aperta dalla proiezione di un filmato dal titolo
Dalle leggi razziali alla Shoah, realizzato da Rai Storia. Nel corso della cerimonia la cantante Noa ha eseguito i brani musicali Little Star e La vita è bella. Sono intervenuti la professoressa Anna Foa sul tema Gli ebrei italiani e le leggi razziali, la presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Noemi Di Segni e la ministra dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Valeria Fedeli. La senatrice a vita Liliana Segre e il signor Pietro Terracina hanno portato la loro testimonianza e risposto alle domande degli studenti. I conduttori hanno letto alcuni brani tratti dal volume Ebreo, tu non esisti! di Paola Frandini. Erano presenti il presidente del Senato della Repubblica, Pietro Grasso, la presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, il presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi, il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Angelino Alfano, la ministra della Difesa, Roberta Pinotti, la sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Maria Elena Boschi, rappresentanti delle Associazioni degli ex internati e deportati, della Comunità ebraica, e autorità politiche, civili e militari.

«Lo Stato italiano del Ventennio - ha ricordato il capo dello Stato - espelleva dal consesso civile una parte dei suoi cittadini, venendo meno al suo compito fondamentale, quello di rappresentare e difendere tutti gli italiani. Dopo aver soppresso i partiti, ridotto al silenzio gli oppositori e sottomesso la stampa, svuotato ogni ordinamento dagli elementi di democrazia, il fascismo mostrava ulteriormente il suo volto: alla conquista del cosiddetto impero accompagna l'introduzione di norme di discriminazione e persecuzione razziale».
Una scelta, ha sottolineato Mattarella, «che si manifesta già nell'aprile del 1937, con il regio decreto legge volto a punire i rapporti tra cittadini italiani e quelli definiti sudditi dell'Africa orientale italiana, per evitare che venisse inquinata la razza. Alla metà del 1938, con le leggi antiebraiche, rivolgeva il suo odio cieco contro una minoranza di italiani, attivi nella cultura, nell'arte, nelle professioni, nell'economia, nella vita sociale. Molti, 20 anni prima, avevano servito con onore la Patria - come ufficiali, come soldati - nella Grande guerra».

«La penna propagandistica, efficace nel suo cinismo - ha aggiunto il presidente della Repubblica -
coniò lo slogan con il quale intendeva rassicurare gli italiani e il mondo, nel tentativo di prendere, apparentemente, le distanze dall'antisemitismo nazista: "Discriminare - disse Mussolini - non significa perseguitar". Ma cacciare i bambini dalle scuole, espellere gli ebrei dall'amministrazione statale, proibire loro il lavoro intellettuale, confiscare i beni e le attività commerciali, cancellare i nomi ebraici dai libri, dalle targhe e persino dagli elenchi del telefono e dai necrologi sui giornali costituiva una persecuzione della peggiore specie. Gli ebrei in Italia erano, di fatto, condannati alla segregazione, all'isolamento, all'oblio civile. In molti casi, tutto questo rappresentò la premessa dell'eliminazione fisica». «Sorprende - ha continuato Mattarella - sentir dire, ancora oggi, da qualche parte, che il fascismo ebbe alcuni meriti, ma fece due gravi errori: le leggi razziali e l'entrata in guerra. Si tratta di un'affermazione gravemente sbagliata e inaccettabile, da respingere determinazione. Razzismo e guerra non furono deviazioni o episodi rispetto rispetto al suo modo di pensare, ma diretta e inevitabile conseguenza».

«La Repubblica italiana, nata dalla Resistenza - ha rimarcato il capo dello Stato - si è definita e sviluppata in totale contrapposizione al fascismo. La nostra Costituzione ne rappresenta, per i valori che proclama e per gli ordinamenti che disegna, l'antitesi più netta. L'indicazione delle discriminazioni da rifiutare e respingere, al suo articolo 3 (che recita, fra l'altro che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali -
ndr), rappresenta un monito. Il presente ci indica che di questo monito vi era e vi è tuttora bisogno».

«Credo
- ha concluso Mattarella - che tutti gli italiani abbiano il dovere, oggi, di riconoscere che un crimine turpe e inaccettabile è stato commesso, con l'approvazione delle leggi razziali, nei confronti dei nostri concittadini ebrei. La Repubblica italiana, proprio perché forte e radicata nella democrazia, non ha timore di fare i conti con la storia d'Italia, non dimenticando né nascondendo quanto di terribile e di inumano è stato commesso nel nostro Paese, con la complicità di organismi dello Stato, di intellettuali, giuristi, magistrati, cittadini, asserviti a una ideologia nemica dell'uomo. La Repubblica e la sua Costituzione sono il baluardo perché tutto questo non possa mai più avvenire».

Hanno partecipato alla cerimonia Giovanni Bassanelli, Luigi Lucchini e Francesco Perrone a cui il capo dello Stato ha consegnato la medaglia d'onore ai cittadini italiani deportati e internati nei lager nazisti 1943/1945.
Prima della cerimonia sono stati premiati i vincitori del XVI concorso nazionale promosso dal ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, I giovani ricordano la Shoah. Nel corso della premiazione sono intervenute la presidente dell'Ucei, Noemi Di Segni, e la ministra Valeria Fedeli.

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