lunedì 12 luglio 2021
In regalo al Presidente una racchetta e una maglia della nazionale con le firme di tutti i giocatori. E a Palazzo Chigi il premier Draghi elogia le parate di Donnarumma.
Gli azzurri e Berrettini al Quirinale. Mattarella: grazie a Mancini

Screenshot diretta

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La festa che nessuno si aspettava. Non alla vigilia dell’Europeo, non alla vigilia di questa storica finale di Wembley, e tantomeno dopo i primi minuti dell’incontro iniziato nel peggiore dei modi. L’Italia si toglie la maschera e riassapora grazie allo sport il gusto della gioia collettiva. Non solo calcio. Arriva anche il tennis con Matteo Berrettini, entrato anche lui nella storia arrivando a un passo dal gradino più alto di Wimbledon. E anche l’atletica leggera si aggiunge a tingere di azzurro i palazzi della politica con il primo posto nel medagliere dei campionati Europei under 23 disputati a Tallin, in Estonia.

I giardini del Quirinale tornano ad essere simbolicamente la casa degli italiani, come accade normalmente il 2 giugno, e come non è potuto accadere nelle ultime due feste della Repubblica, per via del Covid. Sarebbe stata comunque festa al Quirinale, anche se la finale fosse finita male, con una scelta sottolineata dal presidente della Figc Gabriele Gravina, le cui ragioni possono essere rinvenute nelle parole con cui il capo dello Stato si lancia in un’ineccepibile analisi tecnica, che ben interpreta il sentimento e lo stupore degli italiani: «Avete meritato di vincere ben al di là del risultato ai rigori, perché avete disputato questa partita con due pesanti handicap», sottolinea Mattarella. «Quello di giocare in casa degli avversari, in quello stadio, con quel tifo; e quello del goal a freddo, che avrebbe messo chiunque in ginocchio». Un ambiente ostile che qualche amarezza aveva procurato, dal fischio del nostro inno nazionale, alla scelta della gran parte dei tifosi inglesi di lasciare lo stadio alle premiazioni, che fa il paio con il pessimo rifiuto della medaglia d’argento da parte degli atleti. Per non dire del vero e proprio sgarbo istituzionale da parte dei Reali presenti allo stadio (fra cui il principe William e la consorte Kate) e del premier Boris Johnson (che aveva accolto Mattarella al suo arrivo con un caloroso saluto di gomito e un "Forza Italia" scherzoso) di abbandonare la tribuna senza neanche un cenno di saluto al rappresentante della nazione vincitrice.

Poca roba, tutto sommato, nessun cenno o vago riferimento a tutto ciò. Questo è il momento della festa. Dell’esibizione - stupenda - di reciproca trepidazione da parte di Roberto Mancini e di tutti i suoi atleti per la finale disputata da Berrettini e di quest’ultimo per le decisive parate di Donnarumma. Si sprecano le parole ai livelli istituzionali più alti per il portierone azzurro che «ha reso felici milioni di persone in Italia e non solo», rimarca Mattarella, che in tribuna aveva commentato alla fine del tempo regolamentare: «Siamo nella mani, anzi nelle manone di Donnarumma».

Lo cerca con lo sguardo a un certo punto Mario Draghi, che ha personalmente accolto, dopo la cerimonia al Colle, gli azzurri davanti a Palazzo Chigi. Ci è scappata anche la foto storica in piazza con Mancini, Chiellini e la coppa, chiamando poi in modo altrettanto memorabile i dipendenti affacciati alle finestre a unirsi nella applauso ai nostri beniamini nel cortile. Evoca, Draghi, le altre imprese dello sport rimaste memorabili, dall’urlo di Tardelli al record di Mennea. «Oggi siete entrati voi nella storia con i vostri sprint, i vostri servizi, i vostri gol e le vostre parate. Dov’è - mormora cercando Donnaruma -. E che parate...».

Nelle parole di Mancini e Giorgio Chiellini la grande soddisfazione per aver restituito il sorriso agli italiani. La dedica del capitano azzurro, che Mattarella fa sua, è (oltre che per il capo dello Stato) per Davide Astori, il capitano della Fiorentina prematuramente scomparso. Un grazie anche a Mancini «per la rivoluzione che introdotto nell’impostazione del gioco», sottolinea il presidente. Che ringrazia tutto lo staff tecnico, e in particolare Gianluca Vialli (rimasto nella capitale inglese, dove vive) «per aver espresso i sentimenti che tutti noi sentivamo». Ma speciali citazioni raccoglie anche Leonardo Spinazzola. Draghi ricorda le sue lacrime all’infortunio che lo ha fatto uscire di scena anzitempo. Ma «con le stampelle è riuscito a precedere tutti alla premiazione», scherza il capo dello Stato. Draghi, come era accaduto già a Mattarella prima, porta a casa, in dono, anche una maglia azzurra con il numero 10 e il suo cognome impresso e una racchetta. «Ci avete messo al centro dell’Europa, come dimostrano i messaggi di ringraziamento arrivati anche a me in queste ore», ringrazia il premier. Per Mattarella, invece, resteranno nella memoria del settennato gli abbracci in tribuna, fuori protcollo, con Valentina Vezzali e Fabio Capello, al conseguimento dell’impresa.

La festa può iniziare, il bus scoperto con gli azzurri e Berrettini a bordo regala a Roma una serata destinata a restare nella memoria fra le cose belle da ricordare. E forse anche la politica raccoglie un pizzico di fiducia e di unità di intenti (come testimonia anche il boom di ascolti tra Rai e Sky di 21 milioni di spettatori) in più in un momento in cui dell’una e dell’altra c’è tanto bisogno.


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