La Camera dei deputati. Sta per calare il sipario su questa legislatura (Ansa)
Sta per cominciare la fase dei titoli di coda della legislatura e il governo – come aveva chiesto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella – resta in sella per gli "affari correnti" senza essere stato sfiduciato, e dunque nel pieno delle sue funzioni. Ma, come prevede la Costituzione, senza il sostegno di una maggioranza parlamentare. Una fase, questa della transizione tra una legislatura e l’altra, che negli anni ha visto gli esecutivi più o meno attivi all’interno di un contesto di Stato nazionale. Ragionando in termini di Unione europea, come ormai si fa oggi, però, le cose cambiano. Il governo – non solo quello italiano, ma quelli di tutti gli Stati membri – deve prendere decisioni spesso vincolanti e, non di rado, in tempi stretti che non concedono l’attesa dell’insediamento dei nuovi eletti. Così l’"ordinaria amministrazione" assume significati variabili, a seconda del contesto.
Insomma, il vincolo europeo modifica i confini rispetto al passato e gli affari correnti appaiono sempre più simili ai pieni poteri. Anzi, addirittura i poteri sarebbero ancora più ampi, non avendo davanti un Parlamento a cui rendere conto.
In questo quadro, dunque, si muoverà Paolo Gentiloni, che ieri a sorpresa si è recato all’ospedale pediatrico di Roma Bambino Gesù, per dare un segnale di vicinanza alle famiglie provate dalla sofferenza. E che oggi chiude il bilancio del quinquennio con la conferenza di fine anno, ma che, in piena sintonia con il capo dello Stato Mattarella, continuerà a muoversi per gli impegni che lo attendono fino a marzo (il voto è previsto per il 4 o al massimo l’11), e anche oltre, ovvero fino a che il nuovo esecutivo avrà giurato davanti al nuovo Parlamento. Perciò se dalle urne dovesse uscire, come in molti prevedono, un quadro confuso e difficile da comporre, Gentiloni continuerà a restare a Palazzo Chigi, tenendo a freno i mercati e garantendo la presenza italiana nel contesto europeo.
E gli appuntamenti nell’agenda del premier sono – a dimostrazione della straordinarietà dell’ordinario – tutt’altro che irrilevanti. A gennaio ci sarà il nodo delle missioni internazionali, con la richiesta probabile del governo di partecipare a quella in Niger per fermare gli schiavisti. In questa occasione si riuniranno le Camere pure a Parlamento sciolto, per il voto. A febbraio l’Italia attende da Bruxelles il via libera alla manovra 2018, e l’esecutivo dovrà essere pronto a difenderla. Marzo, invece, è il mese in cui Merkel e Macron presenteranno al Consiglio europeo la proposta congiunta di riforma dell’eurozona.
Il nostro Paese dovrà dire la sua e per questo servirà un esecutivo con una sua autorevolezza. Se nel frattempo non si sarà formata una nuova maggioranza parlamentare in grado di sostenere un nuovo governo, o se addirittura si dovesse rendere necessario un ritorno alle urne, si potrebbe arrivare ad aprile, quando si dovranno confermare o cambiare i vertici di Polizia e servizi segreti. O a giugno, quando in Europa si dovrà decidere di frontiere, quote e diritto di asilo dei migranti. Senza contare che il prossimo anno l’Italia avrà il delicato incarico della presidenza dell’Osce.