La sua famiglia l'aveva venduta, a 13anni, come promessa sposa per tremila euro e dalla Macedonia l'aveva mandata a Venezia, dove l'aspettavano, a tempo debito, le nozze con un connazionale 17enne. Arrivata in Italia assieme alla futura suocera, però, per la 13enne è iniziato un incubo di violenze, segregazioni e torture, che l'hanno portata a scappare da Venezia a Napoli fino a quando è stata messa sotto protezione dalla squadra mobile di Venezia.Le indagini dei poliziotti della città lagunare sono iniziate il 2 agosto, dopo una chiamata che ha portato gli agenti a Marghera, dove era stata segnalata una ragazzina col volto tumefatto che chiedeva aiuto: avevatentato di ribellarsi ma è stata violentata dal "promesso sposo", incitato e aiutato dalla madre; per il tentativo di fuga, poi, è stata picchiata e punita, con gli aguzzini che sono arrivati a procurarle ustioni sulle gambe usando un filo elettrico. Le indagini della polizia hanno portato all'arresto del 17enne e della madre, che sono stati accusati di violenza sessuale aggravata ai danni di minore, maltrattamenti aggravati, lesioni aggravate. La ragazzina, nel frattempo fuggita a Napoli, è stata posta sotto protezione. «Nessuna tradizione arcaica può motivare un crimine», è il commento dell'assessore comunale alle Politiche giovanili, Gianfranco Bettin, in merito all'episodio di violenze e abusi subiti una ragazzina macedone scoperto dalla squadra mobile di Venezia.«Sequestrare il futuro dei giovani, costringerli con la violenza a obbedire ai diktat di tradizioni arcaiche, come pure a nuovissime forme di oppressione - dice Bettin -, è uno dei crimini più odiosi. Non esiste libertà, non esiste democrazia senza che legge abbia la capacità di farne rispettare il diritto di scelta, di autonomia. Siamo grati alla squadra mobile di Venezia, intervenuta a Marghera per tutelare la ragazza macedone di 13 anni fuggita dalle angherie di chi l'aveva venduta in sposa».