martedì 27 maggio 2014
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​«Un consiglio a Renzi? Dopo gli annunci e le decisioni, è arrivato definitivamente il momento del fare. Fare subito quello che si può e si deve fare subito: le riforme delle regole e dei comportamenti della politica e dell’amministrazione. Renzi deve poi spiegare che è più complesso cogliere i risultati delle riforme economiche e sociali, i tempi sono diversi. Insomma, il premier rinnovi l’impazienza sul primo versante, quello politico. E ricominci sul secondo dalla verità e dall’umiltà». Arturo Parisi ha creduto in Renzi. Ha votato Renzi. «Con la speranza di ripartire», ammette sottovoce l’inventore dell’Ulivo che ora invita il premier a un nuovo scatto in avanti: «Liberi il discorso dalle necessità della competizione e della propaganda. La sua lunga corsa elettorale, quella iniziata con le primarie di due anni fa, è ormai finita».Undici milioni di voti: che cosa c’è dietro il trionfo di Renzi? Undici milioni di voti sono una cosa enorme. Per trovarne altrettanti tutti assieme bisogna andare indietro nel tempo alla Dc degli anni ’50. Non solo. In una consultazione governata in tutti i Paesi da una stessa regola proporzionale, nel Paese raccontato come il più frammentato di tutti, un partito di governo, che in elezioni come queste è di norma il bersaglio principale della protesta, porta nel Parlamento europeo la principale delegazione del campo di centrosinistra. E riesce ad aggregare attorno al suo simbolo un numero di voti comparabili solo con quelli raccolti nella grande Germania dal partito della Merkel. Lo ripeto: un risultato enorme.Questo voto rende le riforme meno complicate?Questo voto offre a Renzi di certo molte più alternative di quelle che gli avrebbe offerto ogni altro risultato. Ma soprattutto conferma la prospettiva di quella competizione bipolare fondata su una legge elettorale maggioritaria che ha ispirato l’accordo di gennaio tra il premier e Berlusconi.Davvero crede che Fi accetterà una legge che - numeri alla mano - non le lascia scampo?Nonostante il trionfo Pd, questo voto mantiene la competizione aperta. Così come il 41 per cento del Pd non può essere considerato un dato stabilmente acquisito, neppure il 31 del centrodestra è un limite invalicabile. Ambedue sanno invece che la condanna a condividere stabilmente la responsabilità di governo, e quindi la mancanza di alternative, non può che tornare ad alimentare tra gli elettori la protesta e la rabbia.Sta dicendo che Grillo non è finito?Sarebbe un errore gravissimo considerarlo finito. Il risultato dei Cinque Stelle inizia ancora col numero 2 e questo è in sé un fatto che non può essere in alcun modo trascurato. E poi il "grillismo" ha dato solo la misura della profondità di un disagio e della potenzialità di un cambiamento sociale, che sono ancora irrisolte.Ma che errori ha fatto il capo di M5S? La contrapposizione tra rabbia e speranza, tra protesta e proposta, che lui stesso ha alimentato, ha trasformato l’attesa vittoria di Renzi in un indiscutibile trionfo. Milioni di voti nuovi si sono raccolti o ritrovati attorno al Pd, riconoscendolo come l’unica diga credibile contro quella che si proponeva come una pericolosa furia distruttiva. Che succede nel centrodestra? Come far convivere forze anti-euro come la Lega di Salvini con forze pro-euro come Ncd?Diciamo intanto che col suo attuale 31 per cento, almeno dal punto di vista quantitativo, la somma delle liste di centrodestra ha raggiunto una percentuale di voti addirittura maggiore di quella delle ultime politiche. Certo è una somma di forze  diverse. Ma questa è nel centrodestra una contraddizione congenita alla quale ci siamo ormai abituati. Ricordiamo le due coalizioni del ’94, con i nazionalisti del Msi al Centro-Sud e i secessionisti della Lega al Centro-Nord.Ma allora Berlusconi era forte. Oggi pare fuori dalla scena. La sua scommessa è ancora quella di continuare a conciliare l’inconciliabile. E Alfano che strada prenderà? Non credo voglia sciogliersi dentro il Pd. Il suo destino naturale è tornare nel centrodestra e partecipare alla ricostruzione.
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