La sede dell'agenzia di rating canadese Dbrs
L’Italia perde la sua ultima postazione nella serie A dell’affidabilità finanziaria. Anche l’agenzia di rating canadese Dbrs ha tagliato la valutazione del debito italiano portandola da «A-low» a «BBB» con prospettiva «stabile». Dbrs è stata l’ultima delle quattro agenzie monitorate dalla Bce a declassare l’Italia in «B»: le più note Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch lo avevano già fatto. La notizia arriva nello stesso giorno in cui Bankitalia registra un nuovo picco per l’inarrestabile debito pubblico italiano, salito a novembre di altri 5,6 miliardi a quota 2.229 miliardi.
Il nuovo downgrade, purtroppo, potrebbe non essere solo un altro colpo al prestigio del Paese. Il problema è che adesso le banche italiane avranno maggiore difficoltà e costi crescenti nel portare i titoli di Stato italiani alla Bce come garanzia per ottenere in cambio liquidità. Gli effetti pratici della decisione potrebbero dunque, almeno potenzialmente, acuire le difficoltà degli istituti e rallentare l’erogazione di credito per gli investimenti e il sistema delle imprese.
La decisione di ridurre il rating da parte di Dbrs «riflette una combinazione di fattori, tra cui l’incertezza sulla capacità politica di sostenere lo sforzo di riforma e la persistente debolezza del sistema bancario, in un periodo di crescita fragile», osserva l’agenzia in un rapporto in cui sottolinea che dopo la bocciatura delle riforme costituzionali al referendum «il nuovo governo ad interim può avere meno spazio per approvare ulteriori misure, limitando le prospettive al rialzo dell’economia». Inoltre, si afferma, mentre «la bassa crescita ha comportato ritardi nella riduzione dell’alto debito, lasciando il Paese più esposto agli choc», «nonostante i recenti piani di sostegno del settore bancario, il livello di sofferenze rimane «molto elevato » tale da «compromettere la capacità del settore bancario di agire come intermediario finanziario per sostenere l’economia». Una fragilità che ora potrebbe accentuarsi. La Bce calcola infatti la rischiosità dei titoli di stato offerti in garanzia in base al rating più alto assegnato dalle quattro principale agenzie. Finora l’Italia era rimasta in «serie A» grazie a Dbrs. Da oggi scenderà di un gradino e la Banca centrale di conseguenza aumenterà il cosiddetto haircut, ovvero la trattenuta effettuata sul valore dei titoli per assegnare prestiti. Ad esempio se una banca dava in garanzia un Btp, finora aveva una trattenuta del 6% che ora più che raddoppierà al 13%.
La decisione non arriva del tutto inattesa perché ad agosto l’agenzia aveva aperto una procedura di revisione del rating con outlook (propettiva) negativo. L’impatto reale del downgrade è però tutto da verificare. Secondo la Banca d’Italia, avrà «un effetto limitato sulla capacità delle banche italiane di avere accesso ai finanziamenti Bce», perché gli istituti «fanno un uso limitato di titoli come collaterale nelle operazioni». Cauto il ministero dell’Economia sulle ricadute del declassamento sui costi del debito pubblico. «Non ci saranno impatti rilevanti sulla spesa per interessi», hanno assicurato fonti del Mef aggiungendo però che «potrebbero esserci degli effetti sui titoli più a breve ma questo », osservano, «si potrà dire soltanto nei prossimi mesi».
Il debito intanto nei primi undici mesi del 2016 è aumentato di 56,7 miliardi. E per il 2017 è già stata votata la variazione di bilancio che permetterà di destinare 20 miliardi di nuovo debito al sostegno di Mps e del sistema bancario.