Nessuna trattativa, niente promesse, nessun nuovo incontro in calendario. I sindacati escono a mano vuote dall’incontro di ieri con il governo sulla legge di stabilità. Un confronto nel quale i ministri si sono limitati quasi esclusivamente ad ascoltare. Un atteggiamento che ha deluso e irritato le confederazioni. La Cgil, reduce dalla manifestazione nazionale di sabato scorso a Roma, ha reagito duramente. «I ministri non avevano mandato a discutere di niente, una cosa surreale. Questa è la sintesi del rispetto che si ha per le parti sociali», ha accusato Susanna Camusso al termine del colloquio. Ma anche la Uil, con il segretario generale aggiunto Carmelo Barbagallo, ha rimarcato lo stesso concetto: «Noi abbiamo detto cose di buon senso, loro non sono stati in grado di rispondere. I ministri non avevano l’incarico di fare approfondimenti». Insoddisfatta anche Anna Maria Furlan, segretario generale della Cisl, che evita però la polemica: «Se l’incontro sarà fruttuoso o no lo valuteremo. E se la risposta alle nostre richieste sarà negativa avvieremo l’interlocuzione con i gruppi parlamentari e sceglieremo la nostra mobilitazione». Nonostante la prevista assenza di Matteo Renzi l’incontro era ad alto livello: c’erano tre ministri, Giuliano Poletti (Lavoro), Pier Carlo Padoan (Economia) e Marianna Madia (Pubblica amministrazione), e due sottosegretari, il braccio destro del premier Graziano Del Rio, e Pierpaolo Baretta. Dall’altra parte del tavolo, oltre ai leader di Cgil, Cisl e Uil, i segretari confederali dell’Ugl Stefano Conti ed Ermenegildo Rossi. Successivamente i rappresentati del governo hanno incontrato anche le associazioni degli imprenditori, da Confindustria a Rete imprese, alle cooperative, che hanno espresso un giudizio generalmente positivo sull’ex finanziaria e il jobs act. Per Squinzi «la riforma del lavoro è assolutamente necessaria» e il governo deve proseguire «nella maniera più incisiva». L’incontro più delicato era certamente quello con i sindacati. Le confederazioni hanno posizioni articolate ma tutte hanno avanzato critiche alla manovra. E si attendevano, se non ancora risposte, un confronto più approfondito. A chiarire la posizione di Palazzo Chigi è stato in serata Delrio. Il governo «valuterà» le indicazioni e le proposte avanzate da sindacati e imprese per migliorare la legge di stabilità ed, eventualmente, il confronto proseguirà con «incontri bilaterali». Basta incontri collegiali, mentre pare del tutto tramontato un ritorno alla sala Verde di Palazzo Chigi, dopo il breve incontro con Renzi di un paio di settimane fa. Commentando le posizioni espresse dalle parti il sottosegretario ha parlato di «molte luci dalle imprese, luci e ombre dai sindacati, molte ombre da un sindacato», riferendosi alla Cgil. «È impensabile stravolgere la manovra a due giorni dalla pubblicazione», ha aggiunto, ma miglioramenti restano possibili a condizione di non toccare i saldi. Il ministro Poletti ha replicato direttamente alla Camusso: «Abbiamo ascoltato delle valutazioni, raccolto dei contributi. Non era prevista nessuna trattativa. Non c’è stato nulla di surreale ». Quanto ai nuovi incontri ci potranno essere approfondimenti su «specifici problemi che risultassero meritevoli», ma «non pensiamo di fare più discussioni generali, non ci saranno dibattiti che cambino la finanziaria nel suo impianto». Ma quali sono i punti della manovra più criticati dai sindacati? Uno ri- guarda i fondi per gli ammortizzatori sociali vecchi e nuovi. Il ddl prevede uno stanziamento da due miliardi nel 2015, giudicati insufficienti dalle confederazioni. Parere negativo anche sugli aumenti fiscali sui fondi pensione, che, spiega la Furlan, rischiano di «mettere una pietra tombale sulla previdenza integrativa, i giovani domani saranno pensionati poveri». E poi c’è la questione dei pensionati di oggi, non compresi nella platea degli 80 euro, e dei dipendenti pubblici che hanno il contratto bloccato da cinque anni. E il timore che con la spending review molti precari della Pa perdano il lavoro. Il no del governo alla trattativa spinge la Cgil a proseguire sulla strada della protesta e avvicina lo sciopero generale già evocato sabato scorso. «Il governo non intende non dico condividere con le parti sociali ma neanche provare a misurarsi – ha spiegato la Camusso, aggiungendo che «siamo sempre pronti a cambiare idea sullo sciopero» se ci fossero novità. La Cisl non esclude nuove mobilitazioni (ma non lo sciopero generale) con l’obiettivo di condizionare il cammino parlamentare della manovra così come della legge delega sul lavoro.