Sono diventate operative, dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, le novità in materia di lavoro contenute nel ddl voluto dal governo e in particolare dal ministro
Giuliano Poletti. Le principali novità riguardano il nuovo contratto a termine e l'apprendistato con una aumentata flessibilità finita al centro di aspre polemiche da parte dei sindacati e degli economisti. La riforma Poletti ha eliminato alcuni punti che il suo predecessore, il ministro
Fornero, aveva inserito per contere la precarietà: ad esempio per i contratti a termine non sarà più obbligatorio specificare le motivazioni. Di fatto una liberalizzazione sulle mansioni prima concessa solo per i primi 12 mesi e adesso elevata a tutti e tre gli anni (oltre i quali resta l'obbligo di passare al contratto a tempo determinato) senza l'obbligo di fare una pausa tra i diversi contratti (massimo otto) e con un tetto del 20% di sull'organico aziendale. Per quanto riguarda l'apprendistato cade il divieto di stipulare altri contratti se non sono stati confermati almento il 30% dei precedenti apprendisti e l'obbligo di assicurare una formazione trasversale agli apprenditsti di secondo livello. "Credo che quanto fatto dal ministro Poletti
sia il primo importante passo per risolvere una situazione troppo rigida, cristallizzata e sedimentata" ha detto il ministro dello Sviuluppo economico
Federica Guidi. Il ministro ha detto di ritenere ormai superato l'articolo 18, specificando di parlare a titolo personale e aggiungendo che "serve più flessibilità in entrata e in uscita". Da Bruxelles il premier
Matteo Renzi ha annunciato un vertice sulla disoccupazione giovanile a Torino.
Dai sindacati sono arrivati invece parecchi distinguo sull'operato del governo, ritenuta insufficiente. "La modifica sui contratti a termine, prevista dal Jobs Act, ci va bene, però la vera questione dei precari riguarda le false partite Iva, i co.co.pro. Quella è l'area del precariato, anche l'area della schiavitù" ha detto il segretario generale della Cisl,
Raffaele Bonanni, secondo cui "c'è un'omertà gravissima che finge che il precariato stia altrove" alimentata soprattutto dai media, accusati di avere interessi diretti visto l'alto numero di precari. La Cisl ha deciso di rilanciare la stessa battaglia che fece anni fa con Biagi, e che riuscì, quando si eliminarono tutti i co.co.co. e furono trasformati tutti a tempo determinato e indeterminato. "Rifaremo la battaglia per eliminare le false partite Iva, per far pagare ai committenti i contributi, per stabilire un compenso minimo. Questa è una battaglia civile" ha concluso Bonanni. Per il segretario generale della Fiom
Maurizio Landini uno dei passaggi più importanti è il rifinanziamento dei contratti di solidarietà con 15 milioni di euro. "Le risorse sono ancora poche - ha fatto però notare Landini - ma il fatto che dopo circa dieci anni, cioè dal 2005, che non venivano finanziati, è un punto importante". Landini ha poi ribadito la sua contrarietà alle modifiche apportate dal decreto a contratti a termine e apprendistato e lanciato un invito a confrontarsi sul merito al premier Renzi. Molto critica anche la minoranza del Pd. "Il decreto sul lavoro emanato dal governo è più grave dell'abolizione dell'articolo 18" ha detto l'ex viceministro all'Economia,
Stefano Fassina. "Siamo di fronte a una regressione del mercato del lavoro - rincara l'esponente della minoranza Pd - aumenta in modo pesantissimo la precarietà, non è una riforma e per quanto mi riguarda deve essere modificato, altrimenti non è votabile".