Dipendenti all'ingresso di un ministero. Dal 15 ottobre i lavoratori pubblici torneranno in presenza, fine dello smart working - Ansa
I lavoratori pubblici tornano in ufficio dal prossimo 15 ottobre, lo stesso giorno in cui diventa obbligatorio il Green pass. Non rientreranno tutti insieme, l’operazione sarà graduale. Ma la direzione di marcia è segnata. L’attività in presenza torna a essere la modalità ordinaria di svolgimento del lavoro dopo 19 mesi di emergenza pandemica, durante i quali una buona parte dei 3,2 milioni di statali ha sperimentato, volente o nolente, il lavoro da casa.
La scelta era già stata annunciata e ieri il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha firmato il Dpcm predisposto di intesa con il ministro della Pa Renato Brunetta. Nei prossimi giorni un decreto ministeriale fisserà le regole operative per il rientro che, ha spiegato Brunetta, dovrà essere «rispettoso delle misure di contrasto al Covid e coerente con la sostenibilità del sistema dei trasporti». In sostanza dovranno essere ridefinite le norme sul distanziamento e sulla turnazione negli uffici, con ingressi scaglionati come già avviene nelle scuole.
Si partirà con il ritorno in sede di chi offre servizi diretti al cittadino, che fino ad oggi erano rimasti chiusi o accessibili solo su prenotazione. Poi sarà la volta di chi opera nei back office. L’operazione avverrà in parallelo tanto negli uffici degli enti decentrati che in quelli delle amministrazioni centrali. Ci sarà una percentuale di dipendenti che resterà a lavorare da casa, ma tutti saranno coinvolti, magari a turno, nel rientro in ufficio.
Nella relazione tecnica al provvedimento si stima che circa 320mila dipendenti pubblici, il 10% dell’intera platea, non siano ancora vaccinati. Ma il ministero ritiene che la cifra reale stia sotto i 300mila e possa rapidamente diminuire sulla spinta esercitata dall’obbligo di presentare il certificato verde, che scatta non casualmente proprio il 15 ottobre. Per Brunetta, poi, se la "scommessa" del governo sul pass per tutti andrà a segno «a fine ottobre - prevedo - potremo riaprire praticamente tutto o quasi tutto, eliminare le restrizioni, anche il distanziamento, e potremo dire di essere usciti dalla fase pandemica e entrare in quella di controllo, mantenimento».
Il governo motiva così le ragioni del rientro in presenza nella Pa: «Nell’attuale fase, occorre sostenere cittadini e imprese nelle attività connesse allo sviluppo delle attività produttive e all’attuazione del Pnrr», pertanto «occorre consentire alle amministrazioni pubbliche di operare al massimo delle proprie capacità» per dare il «massimo supporto alla ripresa».
La decisione del governo si incrocia con le trattative in corso per il rinnovo dei contratti pubblici che «garantiranno una volta concluse una regolazione puntuale dello smart working», precisa ancora Brunetta. Se c’è dunque un addio al lavoro agile come pratica emergenziale, per ora - dal 15 ottobre - col decreto sarà previsto il ritorno agli accordi individuali, mentre saranno chiesti piani per smaltire le ferie arretrate. In futuro, «con le regole potrà decollare uno smart working vero, strutturato e ancorato a obiettivi e risultati e che assicuri l’efficienza dei servizi».
Lo scenario della "nuova normalità" andrà a comporsi da gennaio quando tutte le amministrazioni sono chiamate ad approvare i piani organizzativi (Pola) nei quali dovranno regolare l’accesso al lavoro agile (come disegnato nel frattempo dal nuovo contratto). Ci sarà una soglia massima del 15% per chi non fa il Pola. Per gli altri Brunetta non pone limiti: «Se saranno soddisfatti tutti i requisiti, anche il 100%». Intanto, però, si rientra.