Non è semplicemente un servizio in più. Quella che avviamo è una nuova fase, un cambio di prospettiva. Per la prima volta la collettività si fa carico dei giovani che concludono un ciclo di studi, che lo abbandonano o che si trovano senza lavoro. Finora erano lasciati soli. Adesso a farsene carico sarà, non lo Stato, ma la comunità tutta, intesa come pubblico e privato, scuola e imprese, amministrazioni locali e servizi per l’impiego. Sarà l’esercizio di una responsabilità condivisa. Giuliano Poletti, ministro del Lavoro, guarda così al prossimo impegno: l’avvio della Garanzia giovani che parte ufficialmente il Primo maggio, festa del lavoro. Da giovedì, infatti, per ragazzi e ragazze sarà possibile iscriversi al portale nazionale, per ricevere entro 4 mesi un’offerta di lavoro, uno stage, un’opportunità formativa, consulenza per l’autoimprenditorialità o l’avviamento verso il servizio civile.
Ministro, avete stabilito il bacino di riferimento? I giovani che non studiano né lavorano sotto i 25 anni sono circa 900mila, quelli fino a 29 anni altri 1,2 milioni. L’iscrizione sarà aperta a tutti i giovani fino a 29 anni. Ma, almeno all’inizio, gli under 25 avranno la priorità nell’erogazione dei servizi.
I centri per l’impiego saranno il perno dell’operazione, ma rischiano anche di esserne l’anello debole per alcune carenze strutturali. Riusciranno a reggere il peso dell’impegno? Sono sicuro di sì. Occorre anche dire che in molte regioni non ci saranno solo i Cpi ad operare, ma anche le agenzie per il lavoro e gli altri enti accreditati. Inoltre non siamo ad un click-day, il programma di Garanzia giovani durerà due anni. Certo, la pressione iniziale potrà essere notevole, ma bisogna partire e poi sapere che limiti e difetti si possono correggere in corso d’opera.
Avete individuato delle priorità nell’orientamento dei ragazzi? Sono valide tutte le opzioni individuate dal Piano nazionale e poi ogni Regione ha una certa autonomia nel privilegiare alcuni canali. In realtà molto dipenderà sia dalla domanda dei giovani, sia dall’offerta delle imprese che sarà centrale in particolare per i tirocini e l’apprendistato. Per questo stiamo curando in modo particolare il rapporto con il mondo imprenditoriale, perché occorre da parte loro consapevolezza e impegno per partecipare a un progetto comune a favore dei giovani e del nostro sistema produttivo.
Si è parlato anche di ricorso al Servizio civile: avete previsto nuovi bandi? No. È una possibilità, ma personalmente ritengo prioritaria la relazione tra giovani e imprese, perché questo collegamento aumenta le opportunità di impiego. Il lavoro infatti è soprattutto figlio di una relazione, di un incontro tra persone.
Per evitare una gestione 'burocratica' dei servizi avete individuato dei sistemi premiali? Sì, è prevista una remunerazione in più per chi effettivamente garantirà occasioni reali di impiego o tirocinio ai giovani. Premieremo i risultati concreti dei Centri per l’impiego e delle Agenzie per il lavoro.
Intanto il decreto su contratti a termine e apprendistato ha superato il primo scoglio, ma al Senato il Ncd chiede modifiche sostanziali. Servirà una terza lettura, si farà in tempo? Il Senato svolgerà la propria funzione liberamente ma celermente e senza stravolgere l’impianto della norma. Non posso escludere che si arrivi a una terza lettura alla Camera, ma è necessario rispettare i tempi di conversione che scadono il 20 maggio.
Oltre ai giovani ci sono anche gli over50 in difficoltà... È un tema che intendiamo affrontare. Già ora esistono alcuni incentivi all’assunzione: dobbiamo analizzarli e verificare se occorra aumentarli, trovando le risorse necessarie, o rivederne la struttura.
Resta poi il nodo delle pensioni. È possibile una maggiore flessibilità in uscita? Il problema è duplice. Da un lato dobbiamo affrontare e risolvere la questione degli esodati. Su questo il 7 maggio apriremo un tavolo di confronto con le Commissioni Lavoro di Camera e Senato e l’Inps per individuare finalmente una soluzione organica e strutturale che superi il sistema delle salvaguardie adottate finora. Dall’altro lato dobbiamo verificare se sia finanziariamente sostenibile un sistema di uscita dal lavoro più flessibile in ordine all’età e all’anzianità contributiva. Evitando però la ragnatela di norme particolari e individuando invece una regola generale valida per tutti.
Nella delega lavoro avete previsto di favorire l’occupazione femminile e la conciliazione famiglialavoro abolendo, o meglio 'armonizzando', la detrazione per il coniuge a carico. Che cosa avete intenzione di fare? In realtà non è deciso. E la questione della detrazione per il coniuge a carico sarà affrontata solo all’interno del più complessivo riassetto impositivo previsto dalla delega fiscale. Cerchiamo di non fare un singolo intervento per non creare squilibri, ma di ripensare il sistema nel suo insieme.