È tutto provvisorio in questa tragedia. Il numero dei morti, l’identificazione delle vittime, le cause del disastro. I decessi sono saliti a 17 e i medici, stremati da turni senza sosta, preventivano un bilancio peggiore. Per molti si dovrà fare l’esame del Dna, mentre i parenti non sanno se piangere in ospedale, dove ci sono alcuni cadaveri, o in obitorio dove giacciono altri resti senza nome. I primi funerali potrebbero svolgersi già questo fine settimana. È come se il drago accasciato sui binari non sia ancora esanime. I vigili del fuoco ieri pomeriggio non se la sentivano di dichiarare al sicuro l’area devastata dalla deflagrazione. Per ore tecnici delle ferrovie e pompieri hanno sfidato la sorte come in una roulette russa. «Una mossa sbagliata, basta farsi vincere dalla stanchezza, basta un nonnulla e di noi non resterebbero neanche gli stracci», ammettono. Ogni cisterna contiene 45 tonnellate di gas liquido. Per alcune il travaso è impossibile, così è stato deciso di provocare incendi controllati, in modo da bruciare lentamente tutto il combustibile. «Lo svuotamento delle cisterne è tecnicamente concluso - ha spiegato il comandante dei vigili, Giuseppe Romano - , nel senso che il travaso di gpl è finito e ora siamo in una fase di riduzione della pressione, in cui il livello di rischio è molto meno elevato. Entro mezzanotte o l’una (di ieri, ndr) finiremo». Con circospezione intorno al convoglio maledetto girano biochimici ed esperti che dovranno fornire le prime perizie alla procura della Repubblica. L’inchiesta è condotta da polizia e vigili del fuoco, coordinati dal procuratore di Lucca, Aldo Cicala e dal pm Giuseppe Amodeo. I magistrati ieri sono stati a lungo a colloquio con periti e polizia. «Il quadro è complesso e le indagini saranno approfondite anche su tutte le altre ipotesi possibili», spiegano gli investigatori. Il cedimento strutturale potrebbe non essere stato la causa principale della strage. Qualcosa potrebbe essere accaduto ben prima che il convoglio entrasse nello scalo viareggino. Secondo i vertici delle Ferrovie e i tecnici del ministero dei Trasporti il primo dei carri agganciati alla motrice presentava «un asse fessurato e parzialmente corroso dalla ruggine, dunque, già da tempo compromesso».Il convoglio era partito da Trecate (Novara) ed era destinato ad una azienda del Casertano di proprietà del sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino. I due macchinisti che a Viareggio sono riusciti a sfuggire alla morte, avevano da poco dato il cambio ai colleghi partiti dal Piemonte e fermatisi a La Spezia. Proprio il segretario dei macchinisti Cgil di Novara avanza dei dubbi: «Se davvero quell’asse fosse stato così malconcio già alla partenza, l’incidente – ci spiega – avrebbe dovuto verificarsi nel tratto Alessandria- Genova, uno dei percorsi più difficili e impegnativi, tutto in discesa, e che in passato ha messo in crisi anche materiale ferroviario nuovo di zecca». Dubbi espressi anche dall’ingegner Romano, il comandante dei vigili del fuoco di Firenze che sta coordinando le operazioni a Viareggio: «Asse rotto? Può darsi». Come dire che non c’è nulla di certo. «È presto e difficile – riferisce un esperto della polizia – distinguere i danni provocati al treno dall’esplosione e quelli avvenuti prima, quando il mezzo era in marcia». Fondamentale, a questo punto, quanto dichiarato ai magistrati da Roberto Fochesato e Andrea D’Alessandro, i due macchinisti sopravvissuti. Nella loro prima deposizione hanno spiegato di aver sentito che il treno vibrava, «ci siamo affacciati dal finestrino e abbiamo visto che la cisterna dietro non era allineata, abbiamo azionato il freno d’emergenza e subito siamo stati assaliti dal gas». Il gpl si era riversato a terra allo stato liquido mentre altro gas si vaporizzava. Una corsa a perdifiato. «Gas dappertutto, ci abbiamo camminato sopra fino a quando ci siamo gettati dietro a un muretto». Poi hanno avvertito i volontari della Croce verde che si erano affacciati in strada. «Scappate, salta tutto». Ed è saltato tutto. L’innesco non possono essere state le scintille dei freni. Alla ricostruzione della dinamica, dunque, manca ancora qualcosa. Quando è sera dall’autostrada arrivano due container frigoriferi: verranno trasferite lì le salme in attesa di identificazione. La città ormai è al sicuro. Più delle parole lo dice un’immagine. Tre operai lasciano la stazione. Indossano una tuta arancione con strisce catarinfrangenti. Sono sporchi di fumo. l’espressione stanca di chi non dorme da due notti, ma felice di chi sa che tornerà a casa sulle proprie gambe. Alle loro spalle c’è quel che resta del treno e di un quartiere. Uno di loro estrae un pacchetto di sigarette, ne passa una ad ogni collega. Poi, con un gesto lento, aziona l’accendino guardando le cisterne finalmente vuote. Il drago sui binari è stato domato.