venerdì 19 dicembre 2014
​Renzi: assolutamente contrario a nuove sanzioni. Merkel: sono inevitabili  E intanto l'Unione annuncia ulteriori misure restrittive contro la Crimea.
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«Sono assolutamente contrario a nuove sanzioni alla Russia», disse (forse sbilanciandosi un po’) Matteo Renzi. Ma è bastata questa frase a confermare come a farla da padrona al vertice dei capi di Stato e di governo della Ue che si è aperto ieri a Bruxelles sia stata la questione ucraina e la crisi russa, che hanno dominato la cena dei leader europei. Un confronto incerto, corroso da timori e incertezze a poche ore di distanza dalla conferenza stampa di fine anno nel corso della quale Vladimir Putin si è preso la piena responsabilità della situazione interna, con il rublo che ha perso il 46% sul dollaro, il petrolio ai minimi, lo schiaffo delle sanzioni: «Vogliono impagliare l’orso russo, ma non ci riusciranno: abbiamo le risorse per uscire dalla crisi, ma potrebbero occorrere due anni». Ma il pensiero di Putin probabilmente correva anche ai suoi amici oligarchi, che solo nell’ultima settimana hanno perduto 10 miliardi di dollari e 62 miliardi dall’inizio dell’anno e a due significativi precedenti: l’Unione Sovietica di Gorbaciov collassò nel 1988 in concomitanza con la caduta dei prezzi del barile, e così pure dieci anni dopo cadde Eltsin sull’onda della svalutazione del rublo. Nelle stesse ore l’Unione europea annunciava nuove sanzioni contro la Crimea: vietati gli investimenti e il commercio con Sebastopoli in risposta all’annessione della regione ucraina da parte della Russia. Da domani le imprese europee non potranno acquistare beni immobili o società in Crimea, finanziare o fornire servizi alle imprese della regione, offrire servizi turistici in Crimea o Sebastopoli, esportare beni e tecnologie, nel campo dei trasporti, telecomunicazioni, energia, esplorazione ed estrazione di petrolio o gas, assistenza tecnica e servizi ingegneristici.  Ma proprio è di fronte all’imminenza di nuove sanzioni che il sinedrio europeo si è nettamente diviso in falchi e colombe. Un falco dichiarato è il neopresidente del Consiglio europeo Donald Tusk: «Perché si arrivi ad una soluzione di lungo termine della crisi ucraina – dice – serve una strategia adeguata, coerente, dura e responsabile nei confronti della Russia ». Dusk ama far sapere che a differenza del suo predecessore Van Rompuy, che si trovò a dover gestire la crisi, lui guarderà più allo scenario internazionale che all’interno del recinto europeo. E la scena internazionale per questo ex premier polacco volitivo e decisionista ha come epicentro la questione russa, Putin, le ambizioni neozariste del presidente, i rischi di una guerra fredda e di un aspro confronto fra Mosca e l’Occidente. Con toni diversi, anche Angela Merkel è un falco: «L’obiettivo dell’Europa è un’Ucraina sovrana e quindi le sanzioni contro la Russia restano inevitabili in quanto questo obiettivo non è stato ancora raggiunto». Se Tusk è un falco, non mancano le colombe. «Il presidente Putin ed i leader russi devono riflettere seriamente su un cambiamento radicale di atteggiamento verso il resto del mondo – ha commentato l’Alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini – adottare un approccio collaborativo dinanzi alla crisi attuale». Più morbido ancora François Hollande: «Credo – ha detto al suo arrivo a vertice – che se i segnali che ci invia la Russia sono quelli che ci aspettiamo, non ci sarà bisogno di decidere nuove sanzioni e, anzi, potremmo considerare come impegnarci in una de-escalation». Più esplicito di tutti il presidente del Consiglio Renzi: «La Russia deve essere portata fuori dall’Ucraina ma dentro ai grandi tavoli per affrontare le grandi questioni internazionali. Non serve a nessuno che la Russia sia fuori dai giochi». Sotto traccia, mentre i commensali si mettevano a tavola a parlare di crescita e investimenti, il timore dissimulato fra il tintinnio dei cristalli di un effetto boomerang, di un tracollo dell’orso russo che trascini a fondo anche noi. 'Too big to fail', si diceva di certe imprese all’inizio della crisi: troppo grandi per fallire. Vale anche per le nazioni. Soprattutto per le nazioni.
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