Se il sistema produttivo italiano è in difficoltà, il costo del lavoro alto, i conti pubblici in disequilibrio, il malessere sociale palpabile e, aggiungiamo, l’offerta di servizi pubblici carente e il welfare inadeguato, la causa principale non si discute: è l’evasione fiscale. Lo scrive la Corte dei Conti in un documento nel quale, spingendosi fin oltre il paradosso, arriva quasi a giustificare gli evasori: perché se il sistema di controlli e sanzioni è inefficace e la ricorrenza di condoni frequente, ecco che l’onesta condotta può essere definita addirittura «autolesionistica». È «desolante» – termine usato proprio dai giudici contabili – lo scenario che emerge dal rapporto sulla
tax compliance, cioè il tentativo di spingere i contribuenti (vien da sorridere a dirlo) al rispetto spontaneo delle regole fiscali. La realtà, tangibile, è quella di un sistema fiscale inadeguato, che produce una «grave sperequazione» tra quanto versano lavoratori dipendenti e pensionati e quanto (non) versano autonomi e piccole imprese: più dell’81% dell’Irpef arriva infatti dai primi. Un dato che invita ad aprire una riflessione seria sull’Irpef, imposta che più di altre è «esposta all’evasione», per la progressività delle sue aliquote oltre che per il duplice vantaggio che ottiene l’evasore: quello di pagare meno tasse e, risultando più povero, di ottenere maggiori benefici dallo Stato sociale. Distorsioni intollerabili, in una fase caratterizzata da rincari diffusi delle tariffe dei servizi, considerato che l’ancoraggio di tante rette ai redditi o alle dichiarazioni Isee finisce per penalizzare ancora di più le famiglie – e i figli – dei lavoratori dipendenti. I giudici contabili promuovono le misure fiscali sull’'adempimento volontario' contenute nella legge di Stabilità. Ma bocciano 40 anni di normativa fiscale, in quanto «mal coordinata», «contraddittoria» e priva di una strategia. La ragione di tutto questo? Le divisioni tra gli schieramenti politici nell’approccio all’evasione. Ma ecco come si traduce questo deficit: in un sistema di repressione penale dei reati tributari lento e «inefficace», in sanzioni amministrative «esigue» e sanzioni penali spesso inapplicate (si veda alla voce prescrizione), in controlli «depotenziati» – mediamente un operatore rischia una verifica ogni trent’anni! – e nell’invitante «ricorrenza di condoni e sanatorie». Evadere, insomma, è facile, conveniente, poco rischioso e, si potrebbe dire, quasi incentivato. «La correttezza fiscale – arrivano a scrivere i magistrati contabili – sembra affidata più alla lealtà del singolo contribuente che a un organico sistema di regole», mentre la quasi certezza dello sconto «rende autolesionistica la condotta di chi adempie correttamente e tempestivamente all’obbligazione tributaria». La soluzione ci sarebbe e passa dalla tecnologia, suggerisce la Corte ricordando la possibilità di puntare sull’uso di strumenti come la fatturazione elettronica, la tracciabilità dei pagamenti, le comunicazioni telematiche. Ma nessun obiettivo è possibile, ci sarebbe da dire citando proprio i giudici, se le forze politiche non arrivano a concordare sul fatto che il sistema fiscale in Italia ha perso ogni riferimento di equità e di giustizia. E va riformato con urgenza.