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La libertà ha un prezzo. Soprattutto se si è migranti, giunti in Italia via mare o via terra lungo la rotta balcanica da Paesi “sicuri” e non si vuol finire in un centro in attesa dell’esito dell’iter della domanda di protezione. L’Italia chiede infatti una fideiussione bancaria o assicurativa da 4.938 euro che dovrà essere versata dal richiedente asilo. Il pagamento sarà a carico suo individualmente, non potranno farlo altri per lui. La novità è contenuta in un decreto firmato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, insieme ai colleghi Carlo Nordio (Giustizia) e Giancarlo Giorgetti (Economia) e pubblicato oggi in Gazzetta Ufficiale.
È il decreto Cutro dello scorso marzo ad aver spinto sulle procedure accelerate alla frontiera, con la previsione anche del trattenimento del migrante «al solo scopo di accertare il diritto ad entrare nel territorio dello Stato». Il richiedente asilo può essere trattenuto nel caso «non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente in corso di validità, ovvero non presti idonea garanzia finanziaria» e provenga da un Paese sicuro. Il decreto ha stabilito l’entità della garanzia: quei quasi 5mila euro che devono assicurare al migrante, per il periodo massimo di trattenimento consentito (pari a 4 settimane), «la disponibilità di un alloggio adeguato sul territorio nazionale; della somma occorrente al rimpatrio e di mezzi di sussistenza minimi».
L’obiettivo del giro di vite è quello di dare un impulso ai rimpatri, accelerando l’esame delle richieste di asilo e arrivando all’espulsione - già alla frontiera di arrivo - per coloro che si vedono negata la domanda e provengono da un Paese inserito nella lista di quelli “sicuri” come ad esempio la Costa d’Avorio, seconda per arrivi quest’anno, o la Tunisia, terza. Il richiedente non entrerebbe così nel sistema di accoglienza in attesa dell’iter di esame della domanda, ma resterebbe negli hotspot in stato di detenzione amministrativa. Può evitarlo, ma dovrà pagare.
Gli esperti giuridici
«Si chiede una fidejussione bancaria o assicurativa che deve essere fornita entro il tempo di conclusione della procedura di fotosegnalamento – spiega Maurizio Veglio, avvocato socio di Asgi (l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) – secondo la normativa europea le impronte digitali devono essere raccolte entro 72 ore dall’arrivo e immaginare che una persona possa precostituire questa fidejussione prima di partire o farlo in quelle poche ore è piuttosto improbabile».
Sulla tempistica dei 28 giorni,
«l’idea è quella di avere una procedura velocissima di richiesta d’asilo – aggiunge l’esperto giuridico – la commissione che riceve la domanda deve rispondere entro sette giorni, lo straniero ha poi 14 giorni per fare ricorso e nei 7 giorni successivi al ricorso il tribunale dovrebbe accogliere o rifiutare la richiesta di sospendere il rifiuto della commissione. E si arriva così ai 28 giorni. È evidente che questa costruzione è farsesca».
«Il decreto che fissa la “tassa per la libertà” di 5mila euro difficilmente troverà applicazione» dichiara Filippo Miraglia, responsabile Immigrazione di Arci nazionale. «Il governo continua a produrre interventi impraticabili, frutto solo dell’ideologia e della volontà di continuare a negare la realtà» aggiunge Miraglia. «Sfido- continua Miraglia - a trovare una persona che arriva dalla Libia o dalla Tunisia o dalla rotta balcanica, capace di attivare una fideiussione di quel valore in Italia o in qualsiasi altro Paese nel tempo previsto dal decreto».
Le reazioni politiche
Il decreto ha acceso anche la polemica politica. «L’ultima crudeltà» del Governo, accusa la segretaria del Pd, Elly Schlein, «cozza contro il diritto internazionale: si chiedono 5 mila euro a chi fugge da discriminazione, guerre e torture per evitare di essere rinchiusi in un centro, un’ulteriore crudeltà inumana di un governo forte coi deboli e debole coi forti». Una norma che garantisce la libertà a chi paga, osserva il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli, «fa solo schifo. Ed è significativo della natura punitiva della norma che l’importo da mettere a garanzia non possa essere messo da terzi». Per il segretario di Più Europa Riccardo Magi, la norma è «scafismo di Stato, una tangente discriminatoria, classista e disumana, verso chi scappa da fame e guerre. Ci sarebbe da vergognarsi solo per averlo pensato. Ma c’è di peggio: questa norma è illegale in quanto la Corte di Giustizia europea nel 2020 ha già sanzionato una misura analoga introdotta dall’Ungheria».