ANSA /ETTORE FERRARI/ARCHIVIO
Questo decennio promette di essere decisivo nella lotta al cancro perché, «entro il 2030, saranno disponibili dei vaccini contro molti tumori». Ma anche contro «malattie cardiovascolari, autoimmuni e molte patologie rare». Ne è convinta l’azienda farmaceutica statunitense Moderna, specializzata nella produzione di vaccini a tecnologia mRna, il cui direttore medico, Paul Burton, afferma al quotidiano britannico TheGuardian che, grazie agli sforzi attuati contro il Covid, in 12-18 mesi sono stati compiuti progressi attesi in circa 15 anni. In un quinquennio, secondo Burton, l’azienda disporrà di trattamenti innovativi per «tutti i tipi di aree patologiche».
Dai primi riscontri e da quanto filtra dagli Stati Uniti, sembra in effetti che le sperimentazioni in tal senso stiano dando i frutti sperati. Prova ne è il fatto che l’ente regolatore del farmaco degli Usa, l’Fda, ha concesso a Moderna la procedura di revisione accelerata sia per un vaccino mRna per il virus respiratorio sinciziale – contro il quale l’immunizzante sarebbe efficace all’83,7% nel prevenire almeno due sintomi, tosse e febbre, negli adulti da 60 anni in su –, sia per un vaccino oncologico, sulla base dei risultati ottenuti contro il melanoma, il più temibile tumore della pelle.
Al di là dell’annuncio di Moderna, che andrà suffragato da ulteriori e corposi dati, che saranno attentamente valutati dagli enti regolatori di tutto il mondo, sembra davvero che questi anni possano garantire una rivoluzione, in parte già in atto, contro molte malattie, cancro in testa. Immunoterapia, terapia genica e vaccini sono termini destinati a diventare familiari nel trattamento della seconda causa di morte del mondo occidentale (dopo le malattie cardiovascolari). E se, fino allo scorso decennio, le novità più significative sembravano indirizzate quasi esclusivamente ai tumori ematologici, come leucemie e linfomi (che hanno visto crollare la mortalità), oggi le cose stanno cambiando perché gli avanzamenti della ricerca investono pure i più temuti tumori solidi.
Ma vediamo come funzioneranno questi vaccini: in primo luogo, una biopsia sulle cellule tumorali identificherà le mutazioni genetiche non presenti in quelle sane. A questo punto, un algoritmo svelerà le cause responsabili della crescita del tumore e le parti suscettibili di innescare una risposta immunitaria. Verrà quindi creata una molecola di mRna con le istruzioni per produrre le proteine principali (o antigeni, esattamente come la spike del Sars-CoV-2) che causeranno una risposta immunitaria. La mRna, una volta iniettata, verrà utilizzata dall’organismo per produrre parti di proteine identiche a quelle presenti nelle cellule maligne. Incontrando queste ultime, le cellule immunitarie le distruggeranno. Questi vaccini saranno «molto efficaci, e salveranno molte centinaia di migliaia, se non milioni, di vite», dice Burton. Sarà interessante comprendere gli effetti di tale tecnologia anche contro le malattie del cuore. La stessa metodica, stando a Moderna, proteggerà, con un’unica iniezione, i pazienti vulnerabili a più infezioni respiratorie, come Covid, influenza e virus respiratorio sinciziale.
Moderna non è la sola a muoversi sulle terapie mRna. La connazionale Pfizer sta seguendo la stessa strada assieme al partner tedesco BioNTech. E nel panorama dei vaccini e delle terapie geniche, l’Italia, che non brilla per investimenti in ricerca, recita comunque un ruolo di primo piano. Nel laboratorio di Immunoregolazione “Armenise-Harvard” dell’Italian Institute for Genomic Medicine, che ha sede nell’Irccs oncologico di Candiolo (Torino), si sta sviluppando, con la biotech italo-svizzera Nouscom, un vaccino contro il cancro del colon (i test sull’uomo sono iniziati nel 2020), capace di reagire, a distanza di anni, anche ad eventuali recidive della malattia. Mentre partirà nel 2024 la sperimentazione sull’uomo del vaccino terapeutico contro il melanoma messo a punto dall’Humanitas di Rozzano (Milano), al quale seguirà a ruota quello contro il sarcoma. Infine, l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, ha da poco annunciato i risultati della prima terapia con cellule “Car T” efficace nella cura del neuroblastoma, il tumore solido extracranico più frequente dell’età pediatrica. Un altro tassello di quella rivoluzione già in atto e destinata a sortire risultati inimmaginabili anche fino a 5-10 anni fa.